La scuola di Sveto |
Ma a Sveto non c'eravamo mai stati. Abbiamo voluto andarci perché a volte è bello seguire le tracce degli amici, vedere i luoghi, sentire i profumi, ascoltare i suoni di ciò che è stato importante per loro, dare ai loro scritti la concretezza delle architetture, delle storie, dei cognomi che sembrano scaturire dalle tombe e rendere di nuovo presente quell'ennesimo frammento di Vita.
Siamo andati a Sveto per conoscere i luoghi raccontati mirabilmente da Angelo Floramo nella Veglia di Ljuba e Come i papaveri rossi. Ne avevamo parlato insieme, noi due con Igor Komel, in un'indimenticabile serata nella vicina biblioteca di Komen. Ma non eravamo andati fino al paese dove tutto era iniziato, dove Angelo ha iniziato a dipanare la sua saga familiare intrecciata con il succedersi degli avvenimenti del Novecento. Ha raccontato come un uomo da solo possa incidere sullo sviluppo degli eventi e come l'anelito alla libertà e la passione per l'umano possano trasformare la lotta e la persecuzione che sembrano porre fine agli ideali, in una nuova alba, intrisa di speranza e risurrezione.
Sveto è un paese bellissimo, adagiato tra le vigne e gli uliveti del Carso di Kosovel e di Zlobec, di Saba e Slataper. Porta i segni del tempo, dall'immancabile "lipa" che a vederla sembra non avere meno di 500 anni ai monumenti che suscitano dolore, leggendo tanti nomi, in un villaggio così piccolo, travolti dalla guerra, uccisi nella lotta di Liberazione dal nazismo, vittime della violenza fascista, deportati nei campi di sterminio. Chissà se questo Dugolin scritto sulla lapide è lo stesso di cui racconta Angelo? Chissà quanti di coloro che hanno accolto il nonno in esilio, hanno sorriso al suo accento siculo, hanno ammirato il suo coraggio e la sua simpatia, sono in questo tremendo elenco?Al di là dei riferimenti, ci siamo soffermati a guardare la chiesa stranamente ottagonale, con l'onnipresente campanile a sostituire il nartece. E' lì da 350 anni, un segno dello Spirito che libero soffia con la bora nei freddi giorni invernali. Non poteva mancare un buon bicchiere di terrano, impossibile dire no a un agricoltore orgoglioso di farcelo assaggiare, frutto della vite radicata nella pietra durissima. Un pensiero agli incendi recenti che hanno risparmiato miracolosamente la zona e ancora una volta, uno sguardo giovane proiettato verso un difficile, ma possibile futuro. Gli chiediamo della scuola.
Ed eccoci qua, davanti al luogo della Cultura, di certo quello così centrale nella prima parte della Veglia di Ljuba. Eccoci a contemplare, a immaginare, parole pronunciate timidamente in sloveno, sfuggendo agli assurdi precetti dell'ideologia nazionalista, un maestro piccolo eroe a onorare la lingua dei ragazzi e dei loro genitori, a cercare faticosamente di pronunciare il proprio solenne dober dan, a trasmettere con imbarazzo il messaggio che forse, non tutti gli occupatori erano uguali. E' la Scuola di Sveto, il tempio della consapevolezza, della partecipazione attiva al mistero della vita, il luogo in cui si inizia a vivere e a essere Cultura. Per i Floramo è l'inizio di un'avventura che li porterà anche altrove, per Angelo il seme del fascino inesauribile per la sublime e drammatica vicenda dei Balcani, per queste terre l'attesa di un giorno nuovo, lontano dal razzismo e dalla guerra. Il giorno della Libertà.
Ah sì, a chi non lo ha ancora fatto offro un consiglio. Leggete La veglia di Ljuba e leggete anche Come papaveri rossi. E poi, se potete, andate a Sveto!
Concordo, ho letto entrambi i libri, riescono a creare un legame con i personaggi ed i luoghi in cui si svolge la storia. I luoghi carsici mi erano già noti, ma la capacità di Floramo di raccontarli con poetica umanità hanno creato un nuovo legame, più forte di prima.
RispondiEliminaDue libri imperdibili. Floramo è un narratore potente, capace di evocare le fascinazioni, le storie antiche, i drammi e le gioie che vibrano nei luoghi che descrive...
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