Persone in attesa a Gorizia, foto di repertorio |
Cercano di sopravvivere, fuggono dalle guerre, dalla fame, dalle persecuzioni ideologiche e religiose. Attraversano il mare con mezzi inadeguati, spesso sono protagoniste di naufragi e terminano la loro vita inghiottiti dalle onde. Quelli che sfuggono all'internamento nei campi di concentramento in Turchia e in Grecia, provano ad attraversare i Balcani e la maggior parte si arresta alla frontiera dell'Unione europea, al confine tra la Bosnia e la Croazia. Tentano ogni giorno e ogni notte di passare il muro che divide il mondo povero da quello ricco. Vengono intercettati, picchiati e respinti da dove sono partiti, in mezzo a una popolazione locale sempre meno incline a convivere con migliaia di ospiti inattesi.
Alcuni riescono a realizzare l'impresa, attraversando nel buio e nel silenzio boschi minati e fiumi impetuosi. Passano oltre la Croazia, transitano per la Slovenia e arrivano in Italia, a Trieste, dove i centri allestiti per una prima accoglienza sono ormai stragremiti e l'unico alloggio possibile rimane la piazza e la strada. Un gruppo di triestini, intorno a Lorena Fornasir e Gianandrea Franchi, ogni giorno è in Piazza Libertà, davanti alla stazione di Trieste. Accolgono, raccontano, garantiscono il rispetto dei loro diritti, curano in spirito di autentica umanità le piaghe dei piedi e i segni delle percosse sul corpo. Senza di loro, i viandanti alla ricerca di un futuro sarebbero completamente abbandonati a sé stessi, alcuni non potrebbero sopravvivere.
In un mondo normale i soccorritori non sarebbero chiamati eroi, ma semplicemente esseri umani, attenti alle necessità dei propri simili. Forse in certi casi, anche contro il volere di coloro che ritengono di operare soltanto sulla base del dettato della propria coscienza, le istituzioni premierebbero chi sostituisce le loro impotenze. In un mondo normale, i rappresentanti del popolo cercherebbero soluzioni confortevoli, per il bene dei richiedenti asilo e dei profughi. Non dormirebbero la notte pensando a uomini, ma anche donne e bambini costretti a sostare all'addiaccio o in un tunnel maleodorante di qualche città.
In un mondo normale. Nel nostro mondo invece le amministrazioni pensano di risolvere i problemi nascondendo la sofferenza, minacciando la chiusura degli spazi occupati dai migranti, deplorando l'impegno di chi li aiuta. E' purtroppo un film già visto, a Trieste come a Gorizia o a Udine. Non esiste uno straccio di soluzione alternativa, uno sguardo o una parola di compassione. Il nuovo arrivato disturba, le ferite sulla sua carne denunciano l'assurdità della parte del Pianeta straricco incapace di farsi carico dell'altra parte strapovera. Il turismo globale pretende di scacciare i pensieri, le frotte che scendono dalle grandi navi hanno pagato per una settimana di vacanza e di lusso, non per farsi interpellare da decine di poveri che non avranno mai la possibilità di concedersi un attimo di sosta, nell'infinito cammino verso la libertà dalla miseria.
Attenzione Nova Gorica e Gorizia! La Capitale europea della Cultura non dovrà essere "attrattiva" perché si nasconderà il dolore e si faranno luccicare strutture turistiche acchiappacitrulli. Dovrà invece diventare un punto di riferimento, un faro di accoglienza illimitata, un porto sicuro che dimostrerà come la convivenza tra popoli e culture non è soltanto un lodevole auspicio, ma il riconoscimento di una comune e gloriosa Umanità.
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