E' la volta di Livek, un borgo a un passo dal confine con l'Italia, a mezza costa tra Kobarid e il Matajur, sullo spartiacque tra Isonzo e Natisone. Ci si arriva dal Friuli e dalla Benečija, da Savogna, Cepletischis e Polava oppure dalla Slovenia, da Kobarid e Idrsko. Un tempo qui passava la frontiera del 1866, fra Regno d'Italia e Impero Austro-Ungarico, è ancora possibile riconoscere i cippi che raccontano una storia ormai lontana. E' uno dei paesi sloveni assoggettati all'Italia fascista, dove venivano cambiati i cognomi degli abitanti e i nomi dei paesi - qui era "Il Luico" - e i preti erano obbligati a predicare in lingua italiana e chi non si piegava all'obbligo veniva perseguitato ed esiliato, sia dalle autorità statali che da quelle ecclesiastiche che temevano le ritorsioni del potere. Indimenticabile in questo senso è il libro di France Bevk, Kaplan Martin Čedermac, reperibile anche in una bella edizione in lingua italiana. La gente e le case raccontano storie di saggezza, a volte leggende che sconfinano nel mito, narrazioni di vita e di morte. "Per lungo tempo siamo stati costretti a rimanere chiusi dalle sbarre di confine - dice una signora che ha vissuto tutta la sua vita in questi luoghi - Poi, quando finalmente sono cadute le barriere e si poteva scendere a Cividale, venivamo guardati con diffidenza, quasi fossimo titini che scendevano in Italia". E pensare che fino a qualche decennio fa qui c'erano perfino i campi di sci e si veniva apposta quassù per affrontare qualche breve discesa, non certo mozzafiato! Altri tempi, prima del rapido incedere del riscaldamento globale.
Un paio di chilometri sopra il "centro", imbandierato in rosa in ricordo del recente passaggio del Giro d'Italia su una delle salite più ripide del territorio, c'è un paese che si chiama Perati. Non c'entra nulla con il ponte della canzone, quello è in Grecia. Qualcuno dice che il nome deriva dai "pirati" in ricordo di qualche antica scorreria di predoni venuti dal mare o dal nord. Oltre allo splendido panorama verso i pascoli e la vetta del Krn, l'abitato, con i suoi 15 abitanti uno dei più piccoli della Slovenia, permette di sperimentare la delicata accoglienza delle persone. Una di esse custodisce amorevolmente la chiave della chiesa cimiteriale di San Pietro e Paolo.Costruita nel '500 ma risistemata a metà del '700, è stata affrescata in due riprese. I dipinti sono stati tutti scoperti molto recentemente, nel 2004, sotto uno strato di intonaco.
Quelli del 1560 sono molto interessanti, Maria regina con il Bambino in braccio (il piccolo ha in mano da una parte il mondo, dall'altra forse un piccolo pesce) in piedi su una Luna dal volto umano, la classica annunciazione sull'arcosoglio, San Lorenzo con la graticola, una probabile Sant'Elena troppo deteriorata per offrire sicurezze. Il presbiterio, di tipo carniolino, doveva essere affrescato già in quei tempi, ma le raffigurazioni attualmente visibili sono barocche, opera di artisti locali che hanno voluto celebrare le gesta di Pietro e di Paolo. Sono molto più eleganti, dal punto di vista artistico, rispetto a quelli rinascimentali, più commoventi e toccanti nella loro popolare semplicità. E' sempre comunque interessante scoprire l'unità dei soggetti religiosi, rappresentati nello stesso modo da mani più o meno abili, nelle grandi cattedrali della cristianità come nei romantici sacelli dispersi nel cuore delle montagne alpine.
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