Uno scorcio delle Alpi Giulie: Madri dei Camosci, Innominata, Jof Fuart |
E' la montagna l'"assassina"? Ovviamente no, la montagna è così come ciascuno la intende. Chi la ama, la ritiene il regno della bellezza, affida a lei i segreti della vita, i suoi spazi riempiono i suoi ricordi migliori, le ore indimenticabili delle più ardite avventure. Accetta anche la sua imprevedibilità che inganna anche il più esperto, una frana improvvisa, un sasso piovuto dall'alto, una zolla d'erba che copre un appiglio. Chi non la ama particolarmente, la osserva con indifferenza e si chiede cosa ci sia di tanto attraente nel faticare o addirittura nel rischiare la vita, per raggiungere un rifugio o una cima. Già, una cima. Là dove ci si sdraia e ci si sente non tanto conquistatori di qualcosa, quanto destinatari del dono di una maggior consapevolezza di sé, non padroni del mondo, ma maggiormente responsabili delle proprie azioni. "Sopra di noi soltanto il cielo", pare abbiano detto Edmund Hillary e Tenzing Norgay, subito dopo aver raggiunto l'Everest. Ecco, in quella frase c'è la gioia di ogni scalatore o semplice camminatore, nel momento magico del raggiungimento di una vetta, sia essa la più alta del mondo o la collina dietro la propria casa.
La montagna riserva tante emozioni a chi si accosta a essa con rispetto e prudenza, ma l'alpinista sa che la natura è spesso imprevedibile, anche quando si mettono in gioco tutte le attenzioni possibili. Lo è tanto più in un tempo in cui i rapidissimi cambiamenti climatici, dovuti alla vera umana incoscienza che minaccia la stessa esistenza delle specie viventi sulla Terra. In pochissimi anni si sciolgono i ghiacciai, si sgretolano le torri di roccia apparentemente inattaccabili, il paesaggio montano si trasforma e mostra, estate dopo estate, i segni di una crisi pericolosa e irreversibile.
Un pensiero mesto quindi stasera va agli alpinisti caduti e alle loro famiglie, cercatori di gioia pura, semplice e amanti dell'avventura, travolti da una valanga inattesa e traditi dal loro desiderio di infinito. Un invito ad amare ancora più la montagna e ad affrontarla godendo dei meravigliosi doni che essa riserva a chi le si avvicina con delicatezza e consapevolezza. E un richiamo alla nostra affascinante e tragica umanità, a volte costruttrice di giustizia e di pace, altre volte tronfia e presuntuosa nemica di ogni forma di Bellezza. La montagna non è buona o cattiva, una tragedia non fermerà i "conquistatori dell'inutile" che continueranno a comprenderla e a volerle bene. E' l'uomo che può essere buono o cattivo, che nella sua venefica corsa alla realizzazione degli squallidi interessi di pochi, riesce a demolire perfino le antiche montagne.
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