Rimanendo a una superficiale analisi etimologica, per i greci l'αληθεια è "ciò che esce dal nascondimento" oppure, secondo alcuni "ciò che non scorre", rimanendo visibile nel fiume del tempo. Per i latini la "Veritas" presuppone la fedeltà all'oggetto, a ciò che si vede e di conseguenza all'autorevolezza di chi lo testimonia. Alcuni studiosi riportano l'etimo al sanscrito "vrtta" che potrebbe significare "fatto", oppure .- tesi suggestiva! - alla radice dello zendo "var", che vuol dire "credere". Tale traduzione conduce direttamente verso le lingue slave, dove "vera" significa "fede", ma anche - in particolare nella lingua russa - si usano due termini, "pravda", che significa "ciò che è giusto" e "istina", "ciò che si vede". La dimensione fattuale è presente anche nello sloveno, nel termine "resnica".
Si va dunque dalla rivelazione di ciò che è oscuro, atto che presuppone un percorso di progressiva conoscenza (vero è ciò che riesco a conoscere) all'accettazione del fatto così come esso si manifesta (vero è ciò che è), fino a ciò che suscita fiducia sulle base dell'autorevolezza del comunicatore (vero è ciò che è garantito dall'autorità che lo propone). Se fino all'epoca moderna ha prevalso una visione "oggettivista" del "fatto così come è", le rivoluzioni teologica luterana e filosofica cartesiana hanno spostato l'asse della conoscenza, portandola sul fragile terreno del soggettivismo. Non c'è limite all'approfondimento, la ragione è una finestra aperta sull'infinito, il "fatto" non ha più valore in sé stesso ma in base alla sua interpretazione, l'autorità del soggetto è potenzialmente illimitata, non è vero ciò che "si fa vedere", bensì "ciò che ciascuno vede".
Se apparentemente questa concezione della verità sembra liberare il soggetto dalle imposizioni dell'oggetto e dell'autorità che si propone come suo interprete (Chiesa, Impero, Regno...), in realtà pone nelle mani di ciascuno un potere illimitato che contrasta inevitabilmente con quello dell'altro. La paradossale "assolutizzazione del soggetto" potrebbe scatenare una terribile lotta basata sulla legge del più forte, sostituendo alla violenza degli assolutismi culminata nelle guerre di religione quella del dittatore assetato di sangue e di potere che abbia i mezzi per "convincere" le masse della sua privata presunta "giustizia". Sono lampanti gli esempi del nazismo e del fascismo, ideologie incentrate sulla follia del soggetto e portatrici di venefici semi di imparagonabili atrocità.
Il sistema sociale che può contrastare sia l'assolutismo oggettivo medievale che l'assolutismo soggettivo moderno è la democrazia, ovvero la regolamentazione della relazione tra i diversi soggetti sulla base di principi condivisi e di leggi conseguenti. Il criterio che può consentire di trovare un accordo tra visioni etiche legate a religioni "quasi ideologiche" o ideologie "quasi religiose" e principio di libertà ab-soluta (sciolta cioè da qualsiasi punto di riferimento eteronomo) è il dialogo fra le diversità, finalizzato alla momentanea stabilizzazione di un punto sufficientemente condiviso sul quale edificare la (si auspica!) pacifica convivenza.
La scelta, tradotto nei sistemi parlamentari nell'elaborazione e pubblicazione della Legge, è basata su un criterio molto fragile, anche se difficilmente sostituibile da qualcosa di più adeguato. Ci si riferisce cioè, semplicemente al "numero", alla creazione e alternanza di maggioranze e minoranze, alla più o meno accentuata necessità di trovare in ogni caso accordi significativi fra le parti per rappresentare la massima con-cordia possibile fra le diverse posizioni presenti nei gruppi di opinione che comprendono cittadine e cittadini che in essi riconoscono, almeno in parte, la corrispondenza con la propria personale visione (sempre momentanea) del mondo. Anche in questo caso, è facile prendere atto della gigantesca opportunità, vera sfida per la pace planetaria e per il bene dell'umanità del Terzo Millennio, legata al possibile buon funzionamento, a tutti i livelli, di questa forma di convivenza civile e sociale, in grado di superare l'autoritarismo dell'oggetto e del soggetto, nonché di liberare ogni essere umano dagli egoismi e dagli egocentrismi - individuali o collettivi - che hanno insanguinato e impoverito buona parte del Mondo, ma è altrettanto facile prevedere che la ricerca di quel consenso numerico che solo consente di governare, possa sfociare in una duplice palude. Da una parte infatti lo straordinario sviluppo dei sistemi di comunicazione di massa può portare all'assoluta dittatura di chi li possiede, facendo della propaganda unilaterale l'unica modalità di formazione di uditori totalmente passivi e ritornando così, magari "democraticamente" agli oscuri anni della prima metà del Novecento. Dall'altra il livello di conflitto tra le differenti potenti agenzie di comunicazione potrebbe portare a una tale invasione di messaggi contradditori, da rendere gli ascoltatori solo apparentemente attivi e liberi di scegliere, in realtà del tutto confusi e impotenti, vagamente consapevoli di essere solo dei "numeri", delle "statistiche" facenti parte di un organismo incontrollabile e inverificabile. Dove appunto diventa impossibile capire che cosa sia la "Verità" e di conseguenza essere effettivamente e realmente nella "Libertà".
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