Basta guardarsi intorno. In qualsiasi vagone di treno praticamente tutti i passeggeri sono intenti a osservare il loro telefonino o il computer. Molti guardano film, altri consultano le mail, Qualcuno chatta con compagni di vita, amici e colleghi di lavoro. Anche per strada la situazione non cambia e spesso occorre scansarsi per non finire, camminando, contro un palo o essere investiti da un altro passante costretto dall'"urgenza" a consultare il cellulare.
Si moltiplicano i social e se ne inventano di sempre più sofisticati, in apparenza per consentire a ciascuno di farsi i fatti degli altri, erogando consigli da una parte all'altra del globo, più spesso criticando o valutando il "valore" dell'account con il numero delle faccine allegre o tristi.
In questo vero e proprio paesotto planetario, proiettato in dimensioni che avrebbero fatto impallidire l'allora fantascientifico "villaggio globale" di McLuhan, tutti sanno tutto e nessuno sa nulla, come dimostrato ampiamente dall'infodemia globale. Fiumi di parole e immagini, esperti politici scienziati a dire tutto e il contrario di tutto, creando i partiti del Sì e del No, l'un contro l'altro quanto mai armati.
Si moltiplicano anche le piattaforme per vedere i film o le serie televisive che vengono ingurgitate occupando tutti gli spazi reconditi del tempo cosiddetto libero, in attesa delle notti riempite dai cinguettii degli utenti insonni di Twitter o degli infiniti "amici" di Facebook.
Eppure, in questo uscire ed entrare costantemente nella "vita degli altri", ognuno è sempre più solo. Mentre tutto cospira a cancellare ogni istante di silenzio e di libero pensiero dentro il tarkovskijano tritacarne di Stalker che soffoca la nobile arte di stare con sé stessi, il livello del rumore si innalza. Con esso cresce l'insoddisfazione, l'impotenza, il mormorio sistematico, soprattutto un'ottusa indifferenza, nella quale la pornografia sostituisce la passione, la sorda protesta irrazionale trasforma il desiderio di partecipazione, la comodità divanesca paralizza qualsiasi movimento esistenziale, la preghiera al dio denaro determina ogni scelta quotidiana, sotto i riflettori invadenti degli angeli della Pubblicità.
Perché tutto questo? Perché Orwell ha mancato di soli vent'anni la sua drammatica profezia sul futuro dominato dal Grande Fratello? Ma non era già prima così, salvo forse un'improvvisa e imprevista accelerazione delle possibilità di "evadere", un tempo riservate solo a chi aveva la pazienza - o forse anche solo la possibilità - di prendere in mano un libro, rifugiandosi nella scrittura e nella lettura?
Sì, entro certi limiti è naturale questo desiderio inconscio di immedesimarsi in una storia diversa da quella nostra, di identificarsi con un'alterità, sia essa la figura di un mito, di un santo, di un ideale o anche semplicemente dell'eroina o dell'eroe di un romanzo. E' come una recondita volontà di cercare un'origine diversa da quella che definiamo "reale", una dimensione totalmente altra che, come un pellegrinaggio spirituale, dovrebbe provocare un estraneamento transitorio, momentaneo, in attesa di tornare nello "squallido quotidiano" portando in esso la potenza delle nuove scoperte.
Ma se l'eccezione diventa una regola, occorre cambiare l'ipotesi. Se l'Uomo corre il rischio di morire per mettersi in cammino verso una meta dalla quale spera di ritornare fortificato o accetta faticosi percorsi di iniziazione per dare un senso alla sua vita, tutto cambia quando si capovolgono le prospettive e l'avventura di un momento diventa la permanenza di un'inquietudine, irrisolta e a lungo andare irrisolvibile. Essa depotenzia la carica rivoluzionaria, impedisce la realizzazione di sé, mortifica la volontà di costruire un mondo migliore e quindi, a lungo andare, crea un immenso popolo di sudditi di un Potere senza volto e senza nome.
Senza disdegnare le conquiste della tecnica e dell'informatica, riappropriamoci della bellezza del dire consapevolmente "io", "tu", "noi", "voi" e anche, come suggerisce mirabilmente la lingua slovena, "midva" "vidva", "noi due".
Grazie Andrea per la tua analisi lucida e disincantata, ma al tempo stesso costruttiva e ricca di fiducia e speranza.
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