Oggi, con un po' di ritardo, una breve considerazione sulla polemica della settimana. La contestazione alla lettera della preside di Firenze Annalisa Savino, espressa dal ministro Valditara, non ha bisogno di commenti. Invece di prendersela con la violenza dei fascisti, ha preso di mira una persona che, fedele al suo ruolo di insegnante ed educatore, ha offerto ai propri studenti un'interessante chiave di lettura. Se l'intervento del ministro ha suscitato enorme perplessità - presumibilmente anche in esponenti del suo stesso orientamento politico - ha comunque avuto anche un effetto positivo, quello di consentire a tutti gli italiani di leggere le brevi ma profonde riflessioni della dirigente scolastica fiorentina. Le si ripropone anche in questo blog, vale la pena di leggerle perché intrise di una profonda preoccupazione e di un intenso affetto nei confronti non soltanto dei giovani che frequentano la sua scuola, ma anche di tutti gli abitanti del nostro Paese. (ab)
Cari studenti, in merito a quanto accaduto lo scorso sabato davanti al Liceo Michelangiolo di Firenze, al dibattito, alle reazioni e alle omesse reazioni, ritengo che ognuno di voi abbia già una sua opinione, riflettuta e immaginata da sé, considerato che l’episodio coinvolge vostri coetanei e si è svolto davanti a una scuola superiore, come lo è la vostra. Non vi tedio dunque, ma mi preme ricordarvi solo due cose.
Il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti. ‘Odio gli indifferenti’ - diceva un grande italiano, Antonio Gramsci, che i fascisti chiusero in un carcere fino alla morte, impauriti come conigli dalla forza delle sue idee.
Inoltre, siate consapevoli che è in momenti come questi che, nella storia, i totalitarismi hanno preso piede e fondato le loro fortune, rovinando quelle di intere generazioni. Nei periodi di incertezza, di sfiducia collettiva nelle istituzioni, di sguardo ripiegato dentro al proprio recinto, abbiamo tutti bisogno di avere fiducia nel futuro e di aprirci al mondo, condannando sempre la violenza e la prepotenza. Chi decanta il valore delle frontiere, chi onora il sangue degli avi in contrapposizione ai diversi, continuando ad alzare muri, va lasciato solo, chiamato con il suo nome, combattuto con le idee e con la cultura. Senza illudersi che questo disgustoso rigurgito passi da sé. Lo pensavano anche tanti italiani per bene cento anni fa ma non è andata così”.
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