giovedì 16 febbraio 2023

Etica della pace, venerdì alle 19 nella chiesa evangelica di Gorizia

 

Shalom!
Venerdì alle 19, presso la chiesa evangelica di via Diaz a Gorizia, si parlerà di etica della pace.

Poche parole sono tanto semplici e nello stesso tempo complesse. Chi infatti non ritiene l'"etica" la bussola sulla quale orientare l'esistenza propria e quella della collettività? E chi non ritiene la "pace" l'obiettivo della propria vita e di quella del mondo intero?

Eppure sembra evidente che il concetto di etica sia difficile da definire. Ciò vale nel contesto degli assolutismo filosofici o religiosi, dove l'"ethos" è determinato dal Capo, sia esso garantito da un'idea divina o umana. Ma è così anche nell'ambito del relativismo, dove ciascuno è la regola del bene e di conseguenza "vince" la ragione del più forte, cioè di chi ha la maggior capacità - o meglio, i più potenti mezzi - di influenzare le opinioni individuali trasformandole nella dittatura dell'opinione pubblica.

Lo stesso vale per la "pace". Già il Salmo biblico (circa 2500 anni fa) recitava che "tutti parlano di pace, ma nel cuore hanno la guerra". Che cosa è allora la pace? Tutti la vogliono, ma c'è qualcuno che la costruisce veramente?

Gli esempi si possono moltiplicare, tenendo conto anche di una buona dose di casualità sottostante agli eventi. A volte un comportamento ritenuto etico si rivela disastroso, come pure un atto improntato alla pietas e alla pace, può manifestarsi catastrofico, alla luce del procedere dei percorsi storici. In assoluto, si condanna ovviamente la violenza come strumento di risoluzione delle controversie tra persone e tra popoli, ma la si ritiene tristemente necessaria quando corrisponde alle esigenze etiche (appunto!) di chi la utilizza. Un grande pacifista come Dietrich Bonhoeffer si domanda drammaticamente se sia lecito colpire un uomo (Hitler), nel momento in cui sia evidente la sua follia omicida e lo stesso don Milani non nega l'esistenza di una "guerra giusta", parlando della Resistenza al nazi-fascismo.

Anche il riferimento teologico è di per sé poco chiarificatore. In tutti i cosiddetti testi sacri delle religioni, si alternano invocazioni di pace e di bene con evidenti richiami alla necessità di difendere il proprio "dio" non solo con la guerra, ma anche con il genocidio. Certo, non è corretto decontestualizzare i passi delle Scritture per giustificare la santità del conflitto armato, ma lo stesso ragionamento vale anche all'opposto, cioè utilizzarli per dimostrare un'inequivocabile volontà pacifista nell'intenzione divina. In altre parole, una lettura fondamentalista della Bibbia o del Corano può consentire la dimostrazione di qualsiasi presa di posizione, tutto e il contrario di tutto, come peraltro dimostrato dalle guerre di religione che hanno seminato tanto sangue nei meandri della storia.

E allora? Allora che fare? Come affrontare il tema caso per caso? Per esempio, come negare una posizione etica, ovviamente "di parte", nella scelta di Putin di aggredire l'Ucraina per poter garantire i diritti dei russi del Donbass e della Crimea vilipesi per anni, in completa violazione degli accordi di Minsk? E come negare una volontà etica nella caparbia resistenza coordinata da Zelensky, nel tentativo di impedire il soffocamento del proprio popolo? Addirittura, ci si può domandare, c'è un'etica dietro alla volontà degli Stati Uniti di imporre il nuovo ordine mondiale o a quella dell'Unione europea di ritagliarsi uno spazio significativo nella comunità internazionale? Il tutto, naturalmente, per favorire l'instaurarsi della pace nel mondo...

Nel tempo della democrazia, c'è un'unica strada alternativa alla guerra ed è l'accettazione del fatto che nessuna etica è "assoluta". La prima conseguenza di tale riconoscimento è lo sforzo di comprendere la "ragione" dell'altro. La seconda è la necessità di prendere atto dell'esistenza del conflitto, fatto del tutto naturale nelle relazioni - anche individuali - fra gli esseri umani. Il terzo passo è la domanda sul metodo per la risoluzione della diatriba. La Costituzione italiana indica in termini assolutamente postmoderni la strada del "ripudio della guerra come metodo di risoluzione". A questo punto non resta che sedersi attorno a un tavolo reale o virtuale, cercando insieme una soluzione che consenta a ciascuno di sentire, nella massima misura possibile, accolte le proprie visioni. Insomma, solo il dialogo e la trattativa possono essere un'alternativa sostenibile alla violenza verbale o fisica che sia.

Sì, ma se uno degli interlocutori non vuole sedersi al tavolo della trattativa? Se uno dei soggetti che ne hanno il potere scatena una campagna di violenze inaudite nei confronti di altre realtà più deboli? E' lecito cercare di fermarlo oppure no?

E' difficile trovare una risposta teologica o filosofica a questo interrogativo. In ultima analisi, sembra che la scelta nonviolenta riguardi la coscienza di ogni singolo individuo, più che un metodo oggettivo di alternativa alla guerra. Dal punto di vista generale, certamente due opzioni possono comunque essere portate sul banco delle decisioni. Le hanno proposte diverse personalità, nel corso del terribile XX secolo, Wilson e Benedetto XV già durante la prima guerra mondiale. Si tratta del totale disarmo - per il papa Della Chiesa al punto di "mantenere in ogni singolo Stato il minimo necessario a garantire l'ordine pubblico" - e della costituzione di un reale arbitrato, al quale ogni Nazione dovrebbe affidare la propria politica estera, nel momento in cui entri in conflitto con quella delle altre. La Società delle Nazioni e l'Organizzazione delle Nazioni Unite sono nate per questo, hanno bisogno di coraggiose riforme, ma possono essere viste come il germe per la costruzione di un ancora di fatto inesistente diritto internazionale.

Insomma, il tema dell'etica della pace pone oggi molte più domande che risposte, ma il tempo in cui viviamo corre con una rapidità inusuale e costringe quindi a non potersi troppo soffermare sulle implicazioni trascendenti. Occorre prendere delle decisioni, immediate e particolari, tremendamente e drammaticamente concrete. Per esempio nel caso specifico, dire no alle armi in Ucraina e sì convinto a una trattativa diplomatica che abbia al centro il "bene essere" di ogni persona.

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