Questa notte il covid si è portato via don Lorenzo Boscarol, attuale parroco a Ronchi dei Legionari e referente dell'Arcidiocesi di Gorizia per la pastorale del lavoro.
Al di là dei tanti incarichi e delle importanti responsabilità, la parola che maggiormente sintetizza il suo cammino è, nel senso etimologico del termine, la Com-passione. Presente in ogni circostanza e in ogni settore della vita sociale, politica e culturale, ha sempre trovato il tempo per comunicare una straordinaria forza di lealtà, condivisione e vicinanza, soprattutto nei momenti di sofferenza e di difficoltà. Caratterizzato da un'onestà e da una coerenza indefettibili, non ha avuto paura di prendere posizioni anche scomode e di essere dichiaratamente di parte. Dalla parte dei più deboli, degli oppressi, dei poveri.
E' stato prete appassionato, affascinato dalla persona di Gesù di Nazareth, criticamente obbediente alla Chiesa universale e locale, un'immagine viva della realizzazione del Concilio Vaticano II nelle città e nei paesi del territorio. Ha saputo indicare la strada ma anche mettersi in discussione, insegnare per tantissimi anni ma anche imparare da ogni incontro, denunciare le ingiustizie ma anche accogliere e perdonare chi le compiva. Ha costruito costantemente ponti, soprattutto cercando di mettere a disposizione il proprio tempo e le proprie energie per la concordia e la pace tra le popolazioni slovene, friulane e italiane provate dalle tragedie del XX secolo. Ha contribuito, anche con incarichi specifici in ambiti amministrativi, allo scioglimento delle barriere confinarie del territorio Goriziano e a una rinnovata stagione di amicizia e collaborazione.
E' stato un bravo giornalista, collaboratore e poi direttore per molti anni di Voce Isontina e di altri strumenti di comunicazione sociale. Ha saputo portare la stampa diocesana dagli angusti limiti della cronaca ecclesiastica alla dignità di media in costante collaborazione con tutti, proponendo una scrittura sempre efficace, a volte tagliente, in ogni caso in grado di suscitare interesse, discussione e spesso anche esplicita opposizione. Con una passione indomita per la verità, don Renzo ha vissuto sulla propria pelle le incertezze e i dubbi della post-modernità, tentando una complessa sintesi tra il discutibile fascino di una Tradizione al tramonto e le contraddittorie potenzialità dell'era informatica. Pur essendo chiaramente ed esplicitamente schierato in diversi ambiti della socialità, anzi forse proprio per questo è stato sempre molto aperto al dialogo i sostenitori delle stesse istanze di condivisione e accoglienza dell'altro, anche se appartenenti ad altri versanti e istituzioni, a livello politico e ideologico.
Con uno sguardo sempre attento alla storia, ne ha saputo ricavare gli insegnamenti più intensi e drammatici, senza per questo rinunciare mai a guardare in avanti, alle nuove generazioni alle quali non si è mai stancato di raccomandare impegno e responsabilità. La sua attenzione nei confronti della persona, prima di qualsiasi giudizio sulle idee e sulle azioni, lo ha portato a credere nell'amicizia e a lasciarsi circondare da un affetto intenso e sincero da parte di tutti coloro che lo hanno conosciuto e amato.
La "partenza" di don Renzo segna una tappa importante per la storia dell'Arcidiocesi di Gorizia ma anche di tutti coloro che lo hanno conosciuto e apprezzato. Da laici e da credenti - sempre che si possa dare un significato a tali virtuali distinzioni - si tratta ora di raccogliere il testimone e di portare avanti il suo messaggio, essenzialmente incentrato sull'annuncio del Vangelo della Misericordia e dell'Amore.
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