venerdì 19 marzo 2021

Chiuso il Cinema Azzurro Scipioni di Roma. La fine di un grande ricordo.

Oggi propongo un ricordo personale, legato a una notizia letta ieri sul Manifesto.

Roma, gennaio 1985. Dopo la memorabile nevicata che aveva per qualche ora reso incantevole la città eterna, prima di piombarla nella confusione e nella paralisi dei trasporti, un senso di sottile malinconia aveva suscitato in me il desiderio di vedere un bel film. Vivevo in Via Pompeo Magno, nel quartiere Prati. Sfogliando il Tempo ero rimasto stupito. C'era un cinema che non avevo mai sentito nominare, nella via parallela dalla quale prendeva una parte del nome, Azzurro Scipioni.

Spinto dalla curiosità, decisi di andare a vedere. Dalla strada si vedeva solo un cancello che nascondeva una semplice scala che conduceva in un seminterrato. Era una specie di club, per cui occorreva una tessera. La sala era piccola, ma tutti coloro che si avvicinavano al tavolo per acquistare i biglietti dimostravano grande interesse e passione. Non meno di tre decenni dopo scoprii che il tutto era nato da un'intuizione del grande Silvano Agosti, indimenticabile regista della "Seconda ombra", il film dedicata all'esperienza di Franco Basaglia. Allora non mi interessava troppo da chi fosse stato avviato, studente venticinquenne di teologia cercavo un luogo dove potermi immergere nell'immenso mare della Cultura.

Mi colpì prima di tutto Il Pianeta Azzurro, intenso inno d'amore alla Natura e alla Vita in tutte le sue dimensioni. prodotto dagli autori che avevano voluto la sala cinematografica. Poi mi sconvolse Jarmusch, Stranger than paradise, rigorosamente in lingua originale con sottotitoli. Ad affascinarmi furono poi Werner Herzog, Dove sognano le formiche verdi e le rassegne su Jean Luis Godard e naturalmente Andrej Tarkovskij, nell'86, con il suo Sacrificio. Pochi avrebbero immaginato che fosse una specie di testamento a pochi mesi dalla prematura scomparsa del regista russo. Indimenticabile la leggenda della fortezza di Surami, ispirato alla leggenda sulla fondazione della Georgia, del regista Sergej Paradjanov. E' un film straordinario, ricordo che quando uscii dalla sala, scorrevano lacrime di bellezza, ai pochi con i quali avevo condiviso l'esperienza. Sì, l'Azzurro Scipioni era anche la chiacchierata, sorseggiando il caffè o un bicchiere di bianco dei Colli Romani, con persone che non avresti mai più visto e con i quali, per un paio d'ore, si volava da Bergman a Pasolini, da Godard a Kusturica fino a Costa Gravas e all'allora affermato Krzysztof Zanussi.

Dopo il 1986 e il mio definitivo ritorno a Gorizia, l'Azzurro Scipioni è rimasto nel substrato quasi mitologico della mia vita. E' stato protagonista del più convinto avvicinamento all'arte cinematografica, sulla scia delle prime esperienza quasi nascoste presso il Modernissimo di Gorizia. Non ci sono più entrato, ma ogni volta che ho camminato per le belle vie del quartiere Prati, non mi sono mai dimenticato di transitare in Via degli Scipioni e di gettare uno sguardo, a quel cancello, a quella scaletta verso il seminterrato, ai manifesti ancora invitanti con tutti i colori del Pianeta Azzurro. Da allora non è mai venuta meno la passione per l'arte del cinema, anche se il tempo della vita - o meglio delle diverse vite - ha cominciato a scorrere in un altro modo, lontano dai fasti, ma anche dalle opportunità nascoste della Capitale.

Oggi Azzurro Scipioni chiude, Roma perde un punto di riferimento culturale di enorme importanza. Se lo portano via le regole anti-covid19 e forse anche il sempre meno marcato interesse per l'autentica riflessione esistenziale. Grazie a Silvano Agosti e a tutti coloro che hanno reso possibile questa piccola grande avventura. Come tante persone, romane e non romane, non la dimenticherò mai.  

1 commento:

  1. ... delizioso ricordo di un mondo oramai destinato a scomparire: un mondo di cose piccole, di perle rare, curate con passione e con amore. Come le piccole botteghe, dove i bottegai - bottegheri, nell'Isontino - erano prima di tutto appassionati ed esperti di quello che vendevano, fossero vini, formaggi, profumi francesi, amplificatori valvolari, libri nuovi o usati. Un mondo che si basava sui tempi lenti, sulla qualità narrata e toccata, sulla relazione interpersonale, sulla bellezza: dove le cose si gustavano, non si consumavano freneticamente......

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