martedì 23 marzo 2021

Una serata da non perdere...

Sembra tutto molto semplice, le parole riempiono il cuore ancor prima di essere pronunciate. Chi ritiene di essere "falso"? chi si autodenuncia in quanto "in-giusto"? Chi non vuole la "pace"?
La risposta è immediata: nessuno!
Eppure mai come nell'epoca della comunicazione globale ci si sente lontani dalla Verità. Ovunque si constata un permanente vilipendio della giustizia. Decine di guerre insanguinano tuttora il Pianeta, ma il permanente conflitto sembra essere presente anche nella nostra quotidianità.
Dove sta l'inghippo? Qual è la radice della contraddizione tra ciò che si desidera ardentemente e ciò che in realtà si sperimenta? Come mai anche dentro di noi le belle espressioni che usiamo, spesso non corrispondono affatto a ciò che pensiamo e la nostra vita è dominata da gesti - spesso inconsapevoli - non veritieri, iniqui e violenti?
Sono domande che trovano una loro inconsueta drammaticità in questo periodo di pandemia, nel quale la quotidiana relazione con il mistero di un Male fisico non provocato - almeno direttamente - dall'uomo ci pone di fronte alla madre di tutte le questioni, quella riguardante non genericamente ma molto concretamente la "nostra" morte corporale. Il linguaggio umano esprime la complessità della vicenda utilizzando lo stesso sostantivo - "Male" appunto - sia riferito al tema della fisicità che a quello della moralità. Male è il virus in quanto produce sofferenza, male è la cattiveria che genera fame, conflitto e persecuzione.
Citando il titolo di un celebre libro di Lenin, ci si chiede: "Che fare?"
L'incontro online che si terrà mercoledì sera, come da locandina allegata, vuole approfondire questi temi, parlando di essi nel contesto speciale di un territorio di cum-fines (Angelo Floramo), nell'orizzonte di una giustizia riparativa (Marinetta Cannito Hjort), nell'esperienza di un'esistenza dedicata al servizio degli oppressi (Alberto De Nadai).
Il punto di vista, in grado di superare d'un balzo le imposizioni forti dell'assolutismo medievale e le incertezze deboli del relativismo post-moderno, è quello della "memoria" e del "desiderio".
La prima non è il semplice ricordo di ciò che è già accaduto, ma la capacità di svincolarsi dalla linea inesorabile del tempo per ritrovare il passato nel presente, possibilmente trasformandolo nella sua essenza. Da ciò deriva la possibilità che il Male sia cambiato in Bene, la Menzogna in Verità, la Violenza in Perdono.
Il secondo, il "de-siderio", è mosso dall'assenza e dalla mancanza, dal "vuoto" e dall'"im-perfezione" che suscitano un'ansia inesauribile di pienezza, uno squilibrio cosmico il cui esito può essere soltanto quella che gli antichi padri chiamavano "anakefaleiosis", cioè ricapitolazione di tutte le cose nell'orizzonte infinito ed eterno.
Se il presente è memoria che diventa desiderio, il passato non è irrimediabile, ma la fonte del rinnovamento. E se presente e passato si alleano in una nuova dimensione di verità, giustizia e pace, allora essa diventa il fondamento dell'etica e della politica, cioè della modalità di interpretazione delle relazioni individuali e sociali che determinano il nostro essere.
A domani allora, cari 2,5 lettori...
 

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