venerdì 5 marzo 2021

Francesco e i cristiani dell'Iraq

Oggi Francesco incontra le comunità cristiane dell'Iraq, onorando in particolare quante e quanti hanno perso la vita, rimanendo fedeli fino all'ultimo agli insegnamenti evangelici della carità, del perdono incondizionato, della nonviolenza attiva. La visita va al di là dell'onore alle vittime e coinvolge altri aspetti forse meno noti, ma molto significativi, della recente storia del martoriato paese.

Nel mese di marzo 2003 è iniziata la seconda guerra del Golfo. Gli Stati Uniti, con il pretesto poi rivelatosi del tutto falso della presenza di armi di distruzioni di massa sul territorio iracheno, hanno scatenato una guerra che non è finita con la cacciata del dittatore, ma è durata praticamente fino a oggi con uno stillicidio di tragedie. Il popolo iracheno ha dovuto subire attentati, bombardamenti, distruzioni, isolamento, rapimenti, conseguenze a lunghissima scadenza del fallimento delle diplomazie del tempo o della piena riuscita degli squallidi obiettivi di controllo delle rotte del petrolio nel Medio Oriente.

Saddam Hussein è stato sostenuto dagli USA fino agli anni '80, riuscendo in un'azione di laicizzazione e modernizzazione del Paese i cui segni, ormai consunti dal tempo, si possono ancora riconoscere nelle strutture urbanistiche, nell'organizzazione sanitaria e nelle infrastrutture viarie. Impoverito dall'interminabile guerra contro l'Iran e successivamente messo in ginocchio dall'embargo internazionale seguito all'invasione del Kuwait, il Paese ha subito l'inasprirsi del regime dittatoriale di Saddam Hussein, il quale ha combattuto senza esclusione di colpi i rappresentanti filo-iraniani dell'Islam scita e le minoranze curde nel Nord, mentre ha sostenuto con convinzione i "suoi" sunniti e anche i cristiani.

Tra questi ultimi, rappresentati in almeno quattro diverse confessioni nell'ambito del cattolicesimo, dell'ortodossia e del protestantesimo, ci sono anche i Caldei, diffusi soprattutto nella zona centro settentrionale dell'Iraq. Come già segnalato, sono orgogliosi di aver preservato, almeno nella liturgia, la lingua aramaica parlata da Gesù. Per ragioni di strategia geo-politica, Saddam Hussein non aveva solo tollerato, ma anche favorito tale minoranza (circa il 2,5% dell'intera popolazione), consentendole di vivere senza problemi in un contesto certamente difficile. Molti diritti erano a essi riconosciuti, perfino il libero insegnamento della religione cattolica nelle scuole e una specie di concordato che consentiva libero culto ed efficace sostegno. 

Gli anni seguiti all'inizio della guerra del 2003 sono stati tragici e la "caduta" di Saddam Hussein e del suo fido ministro cattolico caldeo Tarik Aziz, ha segnato di fatto un ribaltamento di fronte. Mentre gli USA rafforzavano il loro potere economico e l'influenza politica sull'area, i nuovi governanti procedevano al più classico dei "repulisti", procedendo in forma ufficiale con le condanne a morte - non tutte poi eseguite - dei gerarchi di Hussein e in forma non ufficiale chiudendo gli occhi di fronte allo scatenarsi della violenza estrema propugnata dall'ISIS, cioè dal cosiddetto Stato Islamico.

Francesco oggi rende omaggio ai cristiani dell'Iraq che hanno perso la vita nei conflitti, nel ricordo di quanti - a cominciare da papa Wojtila e dall'allora Arcivescovo di Baghdad Warduni - si erano adoperati per evitare l'esplosione della furia bellica. Ma dovrà anche prendere atto di come purtroppo qualsiasi "sostegno" implicito o esplicito all'"uomo della provvidenza" di turno, non sia pagato dai vertici ecclesiastici, ma dai poveri fedeli, innocenti vittime sacrificali su altari da essi stessi sconosciuti. Il dramma tra l'accettazione del compromesso che consente di sopravvivere e la fedeltà fino alla morte alla propria coscienza ha trovato e trova nella storia dei cristiani dell'Iraq un ennesimo misterioso capitolo.

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