Per il momento, non è molto chiaro che cosa sia cambiato nel passaggio dal governo Conte a quello Draghi.
E' vero, sono stati cambiati i "vertici" tecnici e vengono risparmiate le leggendarie conferenze stampa a reti unificate, ma il balletto di notizie di questa settimana riporta l'orologio al tempo precedente. Per una settimana i giornali si sono prodigati nel comunicare che cosa accadrà, zone rosse rinforzate, week end chiusi in casa, settimane di lockdown per permettere la vaccinazione di massa, ecc. Da mercoledì, no da venerdì, no da sabato, forse da lunedì... Certo, ci sono da interpellare le Regioni, le categorie lavorative e chi più ne ha più ne metta, ma anche i più entusiasti del nuovo Governo non possono che constatare le stesse difficoltà e le stesse forme di (non) comunicazione precedenti.
Intanto il virus dilaga e si è giunti a un numero di contagi veramente impressionante, soprattutto dopo che si sono almeno leggermente affinate le modalità di trasmissione dei dati. Tuttavia, se le decisioni politiche vengono prese sulle basi della situazione di una settimana prima, è difficile pensare di poter contenere il contagio.
Anche per ciò che riguarda il piano vaccinale, non si capisce bene cosa ci sia di nuovo. La priorità va agli ultraottantenni, poi tocca ai 70-80nni e alle categorie vulnerabili, poi ai 60-70nni, ai vulnerabili leggeri sotto i 60 anni, a chi ha meno di sessanta anni. Il tutto dovrebbe svolgersi lasciando la precedenza alle realtà lavorative maggiormente esposte all'incontro con le altre persone a rischio. A parte che più o meno lo schema ricalca il precedente, in realtà il vero problema è la presenza o meno dei vaccini, dal momento che si possono impostare tutti i progetti possibili, ma se manca la materia prima è tutto inutile.
Una differenza purtroppo c'è e non è certo positiva, anzi, se ulteriormente confermata darebbe ragione a chi vede nel Governo Draghi una possibile svolta verso i più evidenti interessi macroeconomici e finanziari dell'Unione Europea. Si tratta della propugnata proposta di stabilire delle priorità in ambito planetario, favorendo i Paesi più ricchi e penalizzando quelli dei Continenti più poveri. Alcuni plaudono a tale prospettiva, altri la definiscono semplicemente immorale oltre che controproducente dal momento che la globalizzazione non pone certo confini ai virus e una situazione grave in una zona non può che ripercuotersi in tutte le altre. La posizione di Draghi ricalca di fatto quella, criticatissima, della Moratti in Lombardia e allarga il funesto salviniano "Prima gli italiani" a un sostanzialmente identico "Prima gli europei".
Ma (per ora) quasi tutti tacciono, Draghi non si tocca. Prima o poi qualche bambino dirà: "Il re è nudo"?
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