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Mi avvicino
piano al confine.
Lei poggia i
piedi in Italia, lui in Slovenia. Saranno due amici? Due amanti? Sorella e
fratello?
Che
importanza ha: per la prima volta mi accordo più di quel che separa che di quel
che unisce.
Una pattuglia
dei carabinieri dal lato italiano sembra “controllare” che ognuno stia al suo
posto.
Qual è il tuo
posto?
Sono certa
che se l’avessi chiesto ai due che si sono dati appuntamento in Transalpina
(per
incontrarsi
senza trasgredire alle attuali regole) probabilmente mi avrebbero risposto che
il
loro posto
era rispettivamente “di là”, oltre la “linea di confine”.
Un confine
che non avevo mai visto come separazione. Nulla contro quel che regola questo
particolare
momento delle nostre vite, ma sono certa che per chiunque vedere qualcuno
separato,
crea una sensazione inspiegabile. Anche per chi come me è nato “senza confini
divisori”,
per chi non li ha mai vissuti se non sui libri di storia certe divisioni.
Italia e
Slovenia, italiano e sloveno, Stara Gorizia e Nova Gorica: la vecchia e la
nuova Gorizia.
Le Gorizia
insomma. Due luoghi che forse solo con il duale della lingua slovena sarebbero
davvero
definibili come un unico insieme.
Decidere di
fermarsi in queste città di confine porta ad interrogarsi costantemente sulle
bellezze e
sulle contraddizioni che questi territori vivono. Se da un lato è estremamente
affascinante
condividere, dall’altro è surreale vivere, ancora oggi, difficoltà di
integrazione,
marginalità e
disuguaglianze dettate proprio da quella linea invisibile che si fa per
qualcuno
ponte, per
altri filo spinato.
Voglio
continuare a camminare lungo questo confine consapevole di appartenere ad ambo
i
lati e a
nessuno dei due nello stesso momento.
Vorrei, in
questo cammino, tendere mani a giovani e meno giovani per interrogarci insieme
sul
perché non si
respiri ancora, a pieni polmoni, aria di unione e comunione di idee, valori e
vita.
Confini. Con
fini in comune.
Quali i
nostri fini in comune?
Francesca Giglione
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