Il 4 Novembre ricorda una vittoria mutilata. Ciò non perché, come diceva il guerrafondaio D'Annunzio, all'Italia non era stato dato ciò che era stato promesso. Ma perché da quella cosiddetta vittoria non è scaturito altro che ulteriore violenza, devastazione e ogni sorta di male.
Eppure si celebra ancora la "festa della vittoria e delle forze armate", pur riconoscendo, quasi unanimemente, l'inutilità dell'enorme sacrificio di un'intera generazione di giovani. A essi, e soprattutto alle centinaia di migliaia di civili che hanno perso la vita nella prima guerra mondiale, va il pensiero mesto di questi giorni. Sono stati costretti a raggiungere i ripari precari, a gettarsi all'assalto alla baionetta, a farsi mitragliare sui fili spinati impossibili da tagliare con cesoie arrugginite, a morire con in bocca l'ultima maledizione a una guerra assurda e a chi l'ha voluta. Meritano tutti, indipendentemente dalla divisa, un umano ricordo. Invece non possono che essere condannate le scelte e le decisioni dei politici che hanno trascinato l'Europa e il Mondo nel conflitto, i generali che hanno ideato la crudele, disumana e terribile strategia che ha provocato quella che papa Benedetto XV aveva definito "orrenda carneficina", coloro che hanno trasformato la fine della guerra nell'anticamera della dittatura fascista.
Ma c'è una figura di soldato che non viene mai onorata. E ciò è molto strano, dal momento che in tempo di pace essa dovrebbe essere in assoluto la più degna di memoria. E' quella di colui che un tempo veniva chiamato con un certo disprezzo "disertore". Oggi quel nome deve essere totalmente rivalutato. Riguarda coloro che hanno deciso di rifiutarsi di combattere, di uscire dalla fossa per uccidere e farsi uccidere, di avviarsi ubbidienti come pecore al macello. Addirittura sono stati tacciati di viltà, proprio essi che pur di non ammazzare altri giovani uguali a loro, preferivano andare incontro a morte certa, fucilati dai carabinieri nelle retrovie del fronte. Non se ne parla molto, ma il loro numero era molto elevato, decine di migliaia di uccisi dal cosiddetto "fuoco amico" di chi doveva ottemperare ai terribili ordini. Di pochi si conosce il nome, un numero considerevole è scomparso dalla storia così, senza una corona, senza il riconoscimento del sacrificio supremo, quello di chi preferisce perdere la propria vita piuttosto che toglierla ad altri esseri umani.
In questo 4 novembre 2025 onoriamo questi "disertori" della prima guerra mondiale, quelli che hanno combattuto contro la morte rifiutandosi di imbracciare le armi. In un momento nel quale sembra che la voce della armi torni a essere riconosciuta come un'opzione possibile nei contesti di crisi internazionale, prendiamo esempio da questi autentici profeti della nonviolenza. Anche se non si ricordano le "madri" che hanno perso in questo modo i loro figli, i loro nomi sono scolpiti nell'alto del cielo degli operatori di pace. Non esiste ancora un monumento "al disertore ignoto", neppure uno dedicato a quelli di cui si conosce il nome. Forse è giunto il momento di costruirlo!




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