In Italia, i commenti veleggiano tra due estremi, entrambi supportati da valide ragioni. C'è chi manifesta un grande entusiasmo, ritenendo che l'occasione sia stata quasi perfettamente sfruttata e che si sia raggiunto un punto di non ritorno nelle relazioni simpatetiche fra le due aree urbane non più divise dal confine. E c'è chi ritiene di aver assistito a un clamoroso flop, con la cancellazione di ogni aspetto storicamente e socialmente rilevante, sotto un fiume di iniziative ampiamente finanziate con soldi pubblici e tese soltanto a disinnescare la complessità della memoria.
A Nova Gorica, in termini molto più sfumati, si assiste a qualcosa di simile, passando dalla soddisfazione degli organizzatori che possono sottolineare la continuità garantita da alcuni punti vertice dell'anno - per esempio l'inaugurazione di Epic, il Museo del Novecento Goriziano, l'incontro con il filosofo Slavoj Žižek, la nascita e il consolidamento di un luogo così accogliente e davvero inter-nazionale come la knjgarna kavarna Maks - e la perplessità di chi non si è sentito molto coinvolto nella grande operazione culturale.
Già il fatto che ci siano "letture" così diverse e poco condivise evidenzia uno dei punti deboli, le assai scarse occasioni di reale coinvolgimento unitario delle due realtà, ancora molto lontane dal sentirsi effettivamente "congiunte". Dopo l'unico vero meraviglioso momento di piena e totale simbiosi, di autentica sensazione "senza confini", verificatosi l'8 febbraio con l'apertura di GO2025, di fatto non si è più percepito quell'anelito "brez meja" che avrebbe dovuto essere il principale obiettivo dell'intera iniziativa transfrontaliera. Anche dal punto di vista della comunicazione mediatica, si sono viste le ottime esperienze editoriali con la pubblicazione di splendidi testi da parte della goriziana Qudu Libri e ZTT di Trieste e, nell'ambito delle riviste, il plurilingue Episcop e la rediviva esperienza di Isonzo Soča. Ma si potrebbe fare molto di più, soprattutto nell'ambito dei quotidiani e della stampa settimanale o periodica.
Ecco perché la corretta interpretazione non sta in mezzo tra l'entusiasmo e la delusione, ma deve prendere in considerazione sia l'uno che l'altra, in prospettiva futura.
E' difficile vedere tutto nero, in un tempo che ha riconsegnato alle cittadine e ai cittadini parchi come quelli del Rafut, della Valletta del Corno e della villa Coronini, che ha visto svolgersi importanti convegni e kermesse internazionali, che ha riempito interessanti serate di musica, cinema, teatro, danza e altre espressioni artistiche, che ha suscitato dibattiti vivaci, a volte infuocati, sul presente e sul futuro del territorio, che ha visto la proposta di bellissime mostre, che ha permesso - sia pure in modo alquanto marginale, di riscoprire figure straordinarie, in campi diversi, come quelle di Ravnikar, Basaglia, Mušič, che ha consentito la realizzazione di percorsi ciclabili stupendi, nonché di nuovi avvincenti Cammini..
Ma è difficile anche vedere tutto rosa, quando il confine di Schengen è stato ripristinato con invasivi controlli, pochi hanno approfittato dell'opportunità per chiedere una nuova politica dell'apprendimento delle culture e delle lingue - italiano, sloveno, inglese in primis, ma anche friulano e altre parlate locali, quasi mai ci si è sentiti veramente parte di un'unica realtà fondata sulla valorizzazione della diversità linguistica e culturale, soprattutto non c'è stato il coraggio di porre gesti "forti" e condivisi su temi decisivi: l'interpretazione congiunta della storia, Mussolini è rimasto incredibilmente cittadino onorario di Gorizia e i reduci della X Mas continuano tranquillamente a essere ricevuti ufficialmente in Municipio; la costituzione di un autentico laboratorio di pace e giustizia al servizio di tutto il mondo, con l'utilizzo delle caserme abbandonate per trasformarle in luoghi di promozione della cultura dell'accoglienza, del dialogo e della trattativa; la realizzazione di un centro congiunto di accoglienza dei migranti della rotta balcanica, costretti a volte a dormire all'addiaccio - o addirittura sotto il discusso obelisco multicolore nel cuore della piazza della Casa Rossa - anche tra le luci e i suoni della Capitale.
Quindi? Quindi abbastanza bene, dai, anche se si possono esprimere del tutto comprensibili perplessità sull'utilizzo dei soldi pubblici in opere faraoniche - soprattutto a Gorizia - a fronte dell'aumento dell'irpef comunale anche per le fasce più deboli della popolazione. Bene anche a Nova Gorica, dove il livello dei suggerimenti artistici e propriamente culturali è stato mediamente molto più alto, anche se forse maggiormente rivolto a un target abbastanza selezionato di destinatari. Abbastanza bene o bene che sia, c'è ancora tantissimo da fare. La Capitale europea della Cultura è stata un'occasione importante. se sia stata un successo o un flop lo dimostreranno il 2026 e gli anni a venire. Ci sono ancora enormi passi da fare, per sentirsi veramente parte di "Gorici", povezani mesti, due città con-giunte. L'orizzonte è incerto e c'è molto da lavorare insieme, con il coinvolgimento di tutte le categorie e fasce sociali. Si può pensare a EPK/CEC come a un seme gettato in terra, nel nascondimento dell'inverno può trovare le energie per germogliare spuntare in primavera, per diventare poi foglia, fiore e frutto. Se ciò accadrà, non dipenderà solo dai politici o dai tecnici, ma dall'attivo, critico e intenso impegno di ogni abitante di questa meravigliosa, complessa, drammatica e affascinante porzione d'Europa.














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