Bei tempi quelli nei quali i simboli della fede erano talmente complessi da richiedere anni di iniziazione per essere compresi e accolti! Bei tempi perché il cristianesimo si inseriva con discrezione nella vita di una società pluriculturale e plurireligiosa, custodendo con un alone di silenzio e segreto le proprie caratteristiche e i propri fondamenti. In questo modo chi aderiva, dopo aver percorso tre o quattro anni di formazione e aver ricevuto insieme i sacramenti del battesimo, della cresima e dell'eucarestia, conosceva molto bene i dogmi e le regole del vivere cristiano.
Poi è arrivato il cristianesimo imperiale, che ha soppiantato gli universi religiosi preesistenti, distruggendo i mitrei e i luoghi di culto, edificando al loro posto le grandi basiliche. La croce, mai rappresentata almeno fino al V secolo, è diventata paradossalmente un segno identitario, da imporre ai sudditi dell'Impero, con le buone maniere o più spesso con le cattive.
Quello che sta accadendo a Monfalcone ricorda le controversie medievali, con una personalità politica che veste i panni di San Bernardo da Chiaravalle e lancia la crociata contro gli infedeli che - secondo lei - vorrebbero infangare la "religione di Cristo". Addirittura arriva a vantarsi di aver scritto a papa Leone XIV, forse pensando al primo Leone che secondo la tradizione avrebbe fermato Attila sul Mincio, presso un paese che ancora oggi, in suo onore, porta il nome di Salionze.
In una città che potrebbe proporsi a livello nazionale come grande esempio di convivenza e dialogo tra culture, forme religiose e visioni della vita differenti, si è invece creato il muro contro muro. E la responsabilità primaria è di una politica amministrativa che strumentalizza i reali problemi che le persone affrontano ogni giorno, per un mero tornaconto elettorale. Non si è riusciti ad affrontare serenamente la questione delle donne che entrano nel mare vestite, si è di fatto utilizzato un cavillo del piano regolatore per impedire a dei credenti di pregare. Invece di sostenere le cittadine e i cittadini musulmani, si è cercato di ostacolarli in tutti i modi. Invece di creare luoghi di dibattito e confronto nei quali cercare soluzioni condivise, si è preferito calcare l'effimera ribalta nazionale, facendo di ogni erba un fascio e mettendo in discussione la stessa esistenza di una religione che coinvolge più di due miliardi di pacifici fedeli nel mondo.
L'ultimo atto di questa storia è quello che avrebbe convinto la suddetta a scrivere un messaggio accorato al Pontefice, un po' come Caterina da Siena che si rivolgeva al "dolce Cristo in terra" per invitarlo a lasciare gli eretici avignonesi per tornare a Roma.
I parroci di Monfalcone - totale e piena solidarietà! - hanno sopperito alle clamorose mancanze delle amministrazioni comunali che si sono succedute negli ultimi anni e hanno messo a disposizione l'oratorio San Michele prima e ora alcuni locali adiacenti la chiesa della Marcelliana. Si è trattato di un gesto di ordinaria ospitalità, tali sale sono normalmente utilizzate da società sportive, gruppi culturali, compleanni o riunioni di condominio. Chi le usa, come è giusto, paga anche un affitto e le adatta alle proprie necessità. Cosa ci può essere di strano se in una riunione di preghiera, i musulmani coprono delle immagini che richiamano la professione di una fede diversa dalla loro? Cosa c'è di offensivo? Forse che le opere momentaneamente occultate sono state danneggiate o vilipese?
Proprio no e per questo il presunto scandalo non è altro che l'ennesimo tentativo di squalificare una grande religione di pace che la stragrande maggioranza dei cristiani non conosce minimamente. Ma è anche la dimostrazione della completa ignoranza degli stessi fondamenti della fede cristiana, incentrati sull'amore nei confronti del prossimo, sulla nonviolenza attiva e sull'accoglienza fraterna. Come pure è la mancanza di rispetto nei confronti del grande valore che è la laicità dello Stato democratico: date a Cesare quello che è di Cesare, date a Dio quello che è di Dio.