Il Koren/Corno nella Valletta |
Fino a un secolo fa, scorreva limpido e gioioso. Le due sorgenti - una sul Monte San Gabriele, l'altra nel bel bosco del Panovec - alimentavano freschi ruscelli, nei quali era possibile perfino pescare i gamberoni. Dopo la loro confluenza, il corso d'acqua diventava più grande e, quando la pioggia lo rendeva minaccioso, era libero di spaziare negli ampie praterie che costeggiavano l'antico cimitero di Gorizia. Poi si restringeva docilmente e attraversava le zone più belle della città, offrendo scorci romantici e soprattutto consentendo alle donne di lavare i panni sulle sue rive. Formava una bella valle e saltellando tra i sassi levigati si gettava fiducioso tra le braccia dell'Isonzo/Soča, dai colori di smeraldo.
Poi gli è capitato di tutto. Le esigenze urbanistiche della "vecchia" Gorizia hanno portato al suo "tombamento". Il termine è un po' sinistro, ma rende l'idea. Una lunga galleria di cemento, dall'attuale confine di via san Gabriele fino alla "Valletta", sostituisce i riflessi argentei. L'asfalto prende possesso di ogni metro e dei fasti antichi non resta più nulla, se non una statua di San Giovanni Nepomuceno in via Brass, dove c'era un ponte ormai dimenticato da tutti. Nel frattempo la vegetazione rigogliosa ha reso impraticabile qualsiasi comodo accesso, fatto sta che quasi nessuno abitante ha più potuto avvicinarsi, respinto da liane e piante infestanti.
Del resto, anche la storia ci ha messo del suo. La ridefinizione dei confini. dopo la seconda guerra mondiale, ha portato alla fondazione di Nova Gorica, una straordinaria opera di popolo, dove lavoratrici e lavoratori provenienti da tutte le repubbliche della Jugoslavija, hanno orgogliosamente realizzato la profezia di Celentano, "là dove c'era l'erba, ora c'è una città". Ed è una città bellissima, esempio ante litteram di convivenza tra diverse lingue e culture, oltre che custode di inattese ricchezze culturali e artistiche che - si auspica - diverranno sempre più patrimonio comune, avvicinandoci alla fatidica scadenza del 2025. Il povero Koren/Corno ha versato il suo tributo alla nuova città. Una piccola diga ha ridotto le sue piene a più miti consigli e profondi argini erbosi lo hanno reso innocuo e inoffensivo, rendendo possibile la vita della nuova comunità nascente. Certo, non è la triste copertura di cemento che lo attende appena valicato il confine, ma la libertà di scorrere nelle paludi sotto Kostanjevica è ormai solo un ricordo.
Da alcuni anni, impegnativi lavori sembrano voler restituire ai cittadini almeno una parte dell'antico corso del fiume, quello che attraversa la Valletta a lui dedicata. Se lo merita davvero e ci sia augura che l'impresa sia conclusa entro tempi decenti. Un breve tratto potrà tornare a vivificare un parco ordinato, che inviterà gli abitanti a cercare in esso momenti di pace e di contemplazione. Quando? Speriamo presto, sarà bello rivedere alla luce del Sole un fiume che nel passato è stato tanto importante per Gorizia e per il suo territorio.
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