Non ricordo chi lo avesse scritto, ma al termine dell'iniziativa mi ero fatto consegnare il testo. Non era male, vagamente fantascientifico, ma anche un po' profetico, tenuto conto della proclamazione della Capitale europea della Cultura 2025, avvenuta un bel po' di tempo dopo. In ogni caso, prescindendo dai Giardini pubblici e dalla bella iniziativa delle "Kaplice" ("Gocce" di cultura, promosse dai circoli culturali sloveni di Gorizia) estive del 2018, non sarebbe male se le cose andassero più o meno così. Quindi, a chi non avesse nulla di meglio da fare in questa uggiosa domenica invernale, auguro buona lettura... (ab)
La calda
serata di inizio agosto aveva favorito la presenza di molte persone nei
vialetti dei Giardini Pubblici. Le kulturne kaplice si alternavano alle gocce
di culture e alli gottis de kultura. Tutti i presenti seguivano lo svolgersi
delle varie performance in un religioso silenzio interrotto soltanto dagli
applausi scroscianti.
Le luci
erano molto forti e così soltanto pochi si resero subito conto di un fenomeno
che si stava verificando nel cielo sopra i Giardini. In effetti sembrava che un
astro luminoso si avvicinasse sempre più velocemente. Quando raggiunse
l’altezza degli alberi un rumore assordante rovinò l’atmosfera carica di
interesse e tutti trascurarono le gocce di cultura per volgere lo sguardo verso
l’alto. Una nave spaziale – così almeno sembrava essere quello strano oggetto
metallico dalla classica forma di disco – stava rumorosamente atterrando nella
fontana al centro dei giardini.
Inutile dire
che tutti i presenti, compresi gli organizzatori dell’evento culturale estivo,
si divisero in due gruppi. Una parte di folla, terrorizzata, cercò di
allontanarsi quanto più velocemente possibile. Un’altra parte, più curiosa, si
dispose in cerchio intorno all’oggetto metallico letteralmente piovuto dal
cielo, in attesa dello svolgersi degli eventi.
In effetti
non dovettero aspettare molto. Un tremendo cigolìo accompagnò l’apertura di una
specie di porta che nessuno prima aveva notato, al posto del rumore assordante
dei motori si scatenò una musica travolgente, più simile a una samba brasiliana
che a un pezzo di classica mozartiana. Passò parecchio tempo e non accadde
nulla, soltanto cigolii sinistri e musica avvolgente.
Si sentirono
i passi. Un colpo dopo l’altro, quasi come una serie di battiti del cuore, ma
non si vedeva ancora nulla e nessuno. Tump tump, tump tump, tump tump. Poi,
improvvisamente, più nulla. La porta si rinchiuse nell’assoluto silenzio e il
disco volante ripartì, esattamente come era venuto, ma questa volta sparì quasi
subito, o risucchiato dalla velocità della luce o perché diventato trasparente.
Tutto tornò
come prima. I partecipanti alle kaplice ritornarono ai loro posti per seguire
le ultime performance e anche coloro che erano fuggiti non ebbero problemi a
ritrovare la strada dei giardini. Qualcuno pensò a un geniale trucco
illusionista realizzato da qualche artista della serata, qualcun altro a un
improvviso sogno collettivo.
Lo
spettacolo riprese e fu il turno di un lungo racconto in lingua slovena. Era
una storia avvincente e tutti la seguivano con passione. Allo scadere del
decimo minuto uno dei collaboratori, originario di Bari, si rese conto, con
grande stupore, di comprendere tutto ciò che veniva detto. Per farsi apprezzare
sapeva dire sì e no doberdan, con un accento che rendeva subito evidente la
provenienza. Si guardò in giro e vide che anche gli altri italiani provavano lo
stesso stupore, la lingua slovena sembrava essere diventata patrimonio di
tutti. Non ci fu il tempo di approfondire l’evento, toccava al famoso poeta
friulano e molti erano venuti da lontano per ascoltarlo. Un gruppo di sloveni,
venuti apposta da Maribor per portare il loro contributo alle kaplice,
restarono stupefatti: comprendevano perfettamente il difficile friulano del
Poeta e ne gustavano le minime pieghe lessicali e sintattiche. Un gruppo di
pakistani e afghani che sostavano sulle panchine del parco, si avvicinarono
attratti dalle parole che ascoltavano e perfettamente comprendevano. In lingua
pastuun uno di loro domandò se c’era la possibilità di offrire un canto della
loro tradizione. Gli organizzatori, comprendendo tutto ciò che veniva chiesto,
acconsentirono volentieri e – ormai non vi stupirete più – tutti capirono le
lingue dell’Afghanistan e del Pakistan…
Quella sera
tutti parlavano la propria lingua e tutti comprendevano quella dell’altro, era
il miracolo del polilinguismo passivo. Nessuno fece caso a un puntino nero,
esattamente sotto il lobo dell’orecchio. Se ne fossero accorti, avrebbero
certamente pensato a qualcosa di simile a un’epidemia, anche se quel puntino
non dava alcun fastidio, neppure un pizzico di prurito.
Cosa era
accaduto? In un mondo ormai travolto dal razzismo e portato alle soglie della
guerra globale, proprio a Gorizia e proprio nella sera delle Kaplice, era
atterrata l’astronave del popolo dei puntini neri. Molti di questi pacifici
invasori erano scesi nel parco, mentre l’astronave se ne era ripartita. Si
erano attaccati subito agli esseri umani, fissandosi dietro al lobo
dell’orecchio. Avevano iniettato il farmaco Babbeel che aveva disseminato nei
cuori e nelle menti sentimenti di reciproca comprensione, gioia di vivere e
autentica pace.
Era iniziata una nuova era, quella dell’uomo planetario e del mondo senza confini. E i primi testimoni, come i puntini neri venuti dagli spazi divini, erano partiti entusiasti dai Giardini di Gorizia, la sera del primo agosto 2018, al termine della terza serata di “gocce di cultura”.
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