martedì 31 gennaio 2023

Nel cimitero ebraico di Rožna dolina

 

Fa sempre bene trascorrere qualche minuto in uno dei luoghi più affascinanti e coinvolgenti del Goriziano. Il cimitero ebraico di Rožna dolina è un gioiello di arte e di cultura. Sono sepolti in esso numerosi goriziani illustri, distinti nei diversi campi della linguistica, della filosofia, delle scienze mediche, del giornalismo.

L'ambiente è molto suggestivo e l'apparente disordine delle tombe suggerisce un rispettoso silenzio. Il clima di intensa tensione spirituale non è interrotto neppure dal correre delle auto sulla statale che costeggia il muro meridionale.

Ci sono simboli interessanti che richiamano storie antiche, con una sorprendente somiglianza con alcuni temi paleocristiani. Da un vaso l'acqua scende dolcemente in un vaso, così come la vita che si svuota progressivamente, con l'avanzare degli anni e lo scorrere inesorabile del tempo. C'è Giona inghiottito dal pesce, o forse da esso rigettato, richiamo arcano a una speranza che trascende perfino il muro oscuro che la ragione, con tutte le sue potenzialità, non è riuscita a scavalcare. Ci sono le scritte in ebraico antico, tra le quali campeggia quasi ovunque la parola שָׁלוֹם (shalom-pace). Certo, è una pace riferita all'al di là, perché l'al di qua è difficile per tutti, tanto più per gli appartenenti a un popolo che qualche anno dopo l'ultima inumazione in Valdirose è stato annientato dal nazismo, l'intera comunità di Gorizia cancellata in breve tempo dalla storia.

Tra le varie tombe, c'è quella di Carlo Michelstaedter, filosofo, poeta, pittore. La sua tesi di laurea, La retorica e la persuasione, lo colloca a buon diritto tra i grandi pensatori dell'inizio del XX secolo nel Centro Europa. Essere persuasi significa assaporare la libertà assoluta di un'esistenza intensamente vissuta, fuori dalle logiche ripetitive della dipendenza dall'impero intramontabile del Cronos. L'ideale di "possedere" così pienamente il mistero della Vita da poterne determinare lucidamente e appassionatamente anche la fine. Che sia questo forse il segreto del colpo di pistola con il quale Carlo si è ucciso il 17 ottobre 1910, a soli 23 anni?

In ogni caso fino a un po' di anni fa, la piccola stele, dominata - quasi come un'ombra pesante - da quella molto più alta del padre Alberto, si trovava sotto un bellissimo sempreverde giapponese, un albero con i diversi rami che si protendevano verso il cielo, una specie di gigantesco e naturale pugno semiaperto, un silente interrogativo rivolto verso l'infinito.

Non c'è più quell'albero, purtroppo, ma anche le tombe dei Michelstaedter non se la passano troppo bene. Il nome e il cognome del filosofo non si leggono quasi più, la pietra pesante posta sulla memoria del padre è spezzata e nella fessura si intravvedono triati segni di incuria. Forse è tempo di sistemare un po' il tutto, il disordine va bene, ma non può sconfinare nella dimenticanza. Questo brano assai importante della storia del Goriziano merita di essere rispettato e valorizzato sempre più.

Infine una segnalazione. Fino al 26 febbraio, nell'ex cappella mortuaria del cimitero, è allestita una mostra, nella sua semplicità molto toccante. Il titolo è "Slike spomina, dipingere per ricordare", l'autore Alexander Dettmar. Sono state disegnate tutte le sinagoghe europee demolite o incendiate durante il nazismo, dopo la notte dei cristalli, tra il 9 e il 10 novembre 1938. Un video consente di scoprire il rapporto tra il disegno e le foto scattate prima della guerra. E' una lezione di storia, là dove a essere soppresse, oltre alle vite umane, sono anche le loro memorie e i segni espliciti della loro spiritualità. Da vedere!

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