domenica 29 gennaio 2023

Più armi più guerra, meno armi meno guerra.

 

Il tragico equivoco che accompagna quasi da un anno la sanguinosa guerra in corso nell'Europa orientale è dettato dalla convinzione - offerta in pasto all'opinione pubblica - che essa possa essere fermata soltanto inviando armi all'Ucraina.

A causa di questa balzana idea, degna dei tempi dell'equilibrio del terrore atomico, secondo la quale l'aumento delle armi in campo potrebbe favorire la fine del conflitto. hanno perso la vita centinaia di migliaia di persone, tra civili e militari, gran parte dei quali giovani.

Anche l'Italia non è da meno e il Parlamento, dove su quasi ogni materia c'è contrapposizione, ha votato compatto, salvo rare eccezioni, a favore dell'invio di armi in Ucraina. Ciò è particolarmente sorprendente, quando si nota che tra i sostenitori di tale decisioni ci sono pacifisti della prima ora e anche - spiace dirlo - componenti del PD molto vicine a Elly Schlein, candidata "da sinistra" alla successione dell'elmettizzato Enrico Letta. Evidentemente la ragione di stato altero lo stato della ragione.

E allora? Cosa dovrebbe fare un povero Paese invaso da una potenza soverchiante? Non è anche la loro una forma di Resistenza simile a quella che nel corso della seconda guerra mondiale ha reso possibile la liberazione dal nazismo e dal fascismo? E come gli ucraini potrebbero resistere, senza l'aiuto delle armi "occidentali"?

Sono domande indubbiamente importanti e devono essere prese seriamente in considerazione. Quello che tuttavia non si può negare è che sostanzialmente, dall'inizio dei combattimenti a oggi, si è parlato tanto di armi e quasi nulla di trattative. Anzi, chi ha osato proporre il dialogo come strumento principale per una pace duratura, è stato immediatamente tacciato di putinismo e confinato tra i simpatizzanti dell'inquietante zar russo. E chi ha richiamato, anche timidamente, il protocollo di Minsk che imponeva all'Ucraina di riconoscere l'autonomia di Crimea e Donbass, è stato accusato di miopia e partigianeria filorussa. 

Perché l'anniversario dell'inizio degli scontri non passi invano, o addirittura sia celebrato con una nuova offensiva dall'una o dall'altra parte, occorre cambiare immediatamente registro e imporre ai contendenti di sedersi al tavolo del confronto, alla ricerca di una soluzione equa e rispettosa dei diritti di tutti. Facile a dirsi? Sì, ma quale è l'alternativa, se non una crescita costante del livello di distruzione delle armi sul campo, un possibile allargamento delle alleanze internazionali dato il prolungarsi indefinito delle operazioni e in ultima analisi la scelta di premere il famoso bottoncino rosso, anticamera dell'Apocalisse?

In Italia, poi, si è specialisti nel buttarla in caciara. E' mai possibile che una questione così seria e tremendamente delicata, sia offerta al pubblico televisivo come espediente per creare audience, tra una canzonetta e l'altra al festival di Sanremo? No, è davvero assurdo, anche perché ovviamente non ci sarà alcuna possibilità di dibattito, meno che meno di contraddittorio. Se la Rai e l'Italia con i suoi Governo e Parlamento, volessero veramente realizzare qualcosa di utile - e tra l'altro anche centrare uno scoop di livello planetario - dovrebbero impiegare tutti i loro mezzi mediatici e diplomatici per realizzare una tavola rotonda, non certo nel contesto di un festival della musica leggera, con Putin e Zelensky. Potrebbe essere estremamente interessante e forse avviare quella trattativa diplomatica che sembra essere l'unica soluzione possibile  sostenibile per evitare la catastrofe definitiva.

1 commento:

  1. Quel cocainomane poteva continuare a fare il comico, era molto meglio. P. Socci

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