E' la chiesa gotica - datata prima metà del XVI secolo - dei santi Primo e Feliciano, martiri cristiani dell'epoca dell'imperatore Diocleziano. Si trova al centro di un anfiteatro paesaggistico e storico di grande interesse.
Con il bel tempo, è possibile spaziare con lo sguardo dalle alte vette delle Giulie Orientali alle Alpi di Kamnik, ma anche sulla piana di Kranj e Škofja Loka e, oltre a Šmarna gora, sulla capitale Ljubljana. Insomma, un panorama mozzafiato!
Anche la storia non scherza, c'è stata molta vita intorno a questo luogo. Provenendo dalla zona di Radovljica, si risale una stretta valle e, quando meno ce lo si aspetta, si incontra la cittadina di Kropa. Già i lampioni e le ordinarie bacheche comunali raccontano di un'attività artigianale molto particolare. E' stata, e per certi versi lo è ancora, la capitale del lavoro in ferro battuto. Attorno all'impetuoso torrente, dal quale viene ricavata l'acqua necessaria a realizzare questa speciale arte, ci sono due chiese e numerose case, a testimoniare un ricco passato reso possibile da un'occupazione difficile ma sicura. C'è anche un bel museo, che racconta della maestria degli artigiani e della loro fama, diffusa in tutto il mondo.
Continuando ad andare su, fino a un passo alto poco più di 600 metri, la strada attraversa fitti boschi e sfiora paesi abbarbicati sulla montagna. Anche in questo caso, si può solo immaginare l'esistenza delle persone da queste parti, la fatica del fieno, l'allevamento di qualche capo di bestiame, l'orto dal quale strappare qualcosa con cui sopravvivere, spesso al gelo, con i campi sotto la neve per quasi tutto l'inverno. Oggi non è certo così, le strade asfaltate e le case ricostruite e rinfrescate, parlano di una nuova stagione, di una vita meno dura che non vuole tuttavia dimenticare le proprie radici e le proprie tradizioni.
In questo contesto, meglio se a piedi, si raggiunge l'abitato di Dražgoše, dove ogni anno si ricorda una delle tante, troppe tragedie della seconda guerra mondiale. Un gruppo di partigiani era riuscito a costituire una piccola realtà libera, nel cuore dell'occupazione nazi fascista della Jugoslavja. Si era all'inizio del 1942 e ancora molta acqua doveva passare sotto i ponti, prima che il Fronte di Liberazione diventasse talmente forte da rovesciare le sorti della guerra. Tra l'11 e il 12 gennaio 1942, un intero plotone di soldati tedeschi raggiunge il paese per stroncare questa esperienza di autogestione ante litteram. La resistenza dei partigiani è eroica, l'intera valle risuona di esplosioni e di spari. Il battaglione Cankar riesce a fermare per ore le forze enormemente superiori degli aggressori. Purtroppo la speranza viene soffocata nel sangue, nove partigiani perdono la vita nel combattimento e nella successiva odiosa rappresaglia vengono presi in ostaggio e poi uccisi 41 abitanti. Buona parte del villaggio viene incendiata o distrutta, dopo la fine del conflitto diventa un simbolo della lotta contro l'invasore, di anelito alla libertà e dell'orrore di ogni guerra.
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