giovedì 5 gennaio 2023

Un breve "punto" sulle politiche migratorie

 

L'inizio di un "game", in una notte di Bosnia
Come previsto, la politica sulle migrazioni portata avanti dal governo Meloni, è destinata da una parte a incrementare i disagi di centinaia di migliaia di persone in cammino, dall'altra ad alimentare, sia pur progressivamente, lo scontro sociale. 

I fronti principali di questa lotta sono due, il Mare Mediterraneo e, meno "gettonata" dai media, la Rotta Balcanica. Il contesto vede ancora chiusi i flussi che regolano il numero di persone che possono accedere in Italia e in Europa avendo in mano un contratto di lavoro. Ciò implica che l'unico modo per varcare la porte dell'Unione europea è la richiesta d'asilo. La crisi economica e le guerre endemiche hanno portato intere popolazioni sull'orlo (e anche oltre l'orlo) della morte per fame. Non è certo strano il fatto che tra questi miliardi di persone - sì, miliardi, perché di questo si tratta - ce ne sia qualche milione che tenta di cercare una strada per liberare le proprie famiglie dall'incubo della guerra, della persecuzione ideologica e religiosa, nonché - perché poi non dovrebbero farlo - della fame. 

L'altro contesto debole è quello della relativamente ricca Unione europea, che non riesce a generare politiche di accoglienza, ma solo di respingimento di chi cerca una vita migliore. La soddisfazione per la "caduta" della frontiera tra Slovenia e Croazia, che ha suscitato la gioia dei tanti turisti che non incontreranno più le file chilometriche dell'estate, corrisponde al rafforzamento dei controlli e all'inasprimento della repressione al confine fra Croazia e Bosnia, con tutte le conseguenze che ciò comporta.

In questo quadro, non ci si poteva aspettare che un governo di destra portasse avanti una politica di sinistra. Per la verità, anche i governi precedenti, autodefiniti di centro sinistra se non anche di sinistra, non hanno certo promosso e portato avanti normative molto più "aperte" rispetto a quelle attuali. Gli accordi con i lager libici risalgono a un ministro di un governo di centro sinistra, le riammissioni in Slovenia sono state avviate dalla ministra Lamorgese, le odissee sulle navi delle ong non sono opera solo del Conte1. Tuttavia, in ciò che si percepisce dal modo di muoversi dell'esecutivo, all'inizio del suo percorso, c'è anche qualcosa di nuovo - non di meglio - nel metodo, non certo nel merito che rimane lo stesso. A differenza dei tempi del Salvini ministro dell'interno, quando tutto era addirittura motivo di pavoneggiamento da parte del tristo "Capitano", ora prevale la posizione del "dire e non dire", evitando più possibile scontri diretti con il coinvolgimento dell'opinione pubblica.

Per quanto riguarda il mare, il nuovo atteggiamento legislativo del Governo non impedisce gli attracchi delle imbarcazioni delle ong, ma "costringendole" a violare le leggi per poter portare in salvo i naufraghi, le sottopone a fermo amministrativo prima, a confisca poi. Ciò da una parte avvia una serie di cause senza fine, dai tempi prevedibilmente molto lunghi, dall'altra paralizza il servizio delle "non governative", costrette a lunghe attese nei porti, mentre i traffici di persone continuano, nelle esclusive mani di nuovi negrieri senza scrupoli. Tutto ciò suscita l'ovvia indignazione delle associazioni sensibili ai temi dell'accoglienza e della fraternità universale, l'entusiastica approvazione dei sostenitori dell'attuale governo e l'apatia di gran parte dei cittadini, un tempo commossi dalla situazione di centinaia di donne uomini e bambini abbandonati per settimane sulle navi tra le onde, attualmente del tutto indifferenti di fronte ai "fermi" che sembrano solo burocratici espedienti amministrativi. 

L'attraversamento dei Balcani è sempre più complicato e continuano ormai da anni i tentativi dei migranti di "saltare" la Bosnia per entrare nell'Unione a piedi. La fatica e la frustrazione sono enormi, riscontrabile fisicamente nei campi profughi allestiti nel nord della Bosnia. Anche le sofferenze sono notevoli, come testimoniato dalle tremende piaghe curate dai volontari della Piazza dei Popoli (quella davanti alla stazione di Trieste). Sono le condizioni nelle quali versano i pochi che, rocambolescamente, riescono a eludere la sempre più sofisticata rete elettronica di controlli e ad arrivare in Italia. Giunti nel Bel Paese, li attende una nuova, sgradita sorpresa. Il Governo, per voce di funzionari che affermano sommessamente e poi chiariscono ambiguamente, fa sapere che c'è la volontà si riprendere le cosiddette "riammissioni informali" che altro non sono che respingimenti in Slovenia e successivo rientro coatto attraverso la Croazia in Bosnia. In realtà, c'è una variabile non indifferente ed è il cambio del governo in Slovenia, fatto questo che spiega l'incertezza comunicativa di Meloni/Piantedosi. Ciò costringe a più miti consigli, tenendo presente che l'esecutivo Golob sembra intenzionato a smarcarsi più possibile dalle posizioni politiche del predecessore Janša.

In questa situazione, è da segnalare anche il "caso Gorizia", con caratteristiche diverse rispetto a quelle del tempo della "Galleria Bombi". Mentre il sindaco di Gorizia perfino nel suo augurio di Natale si vanta di aver ripulito la galleria Bombi dai richiedenti asilo, rifiutando un'accoglienza ben più agevole che sarebbe stata di sua competenza, decine di persone ogni sera dormono all'addiaccio vicino alla stazione ferroviaria. Sono aiutate e sostenute da un gruppo di volontari che hanno l'unico obiettivo di alleviare le loro sofferenze. Ma veramente è difficile capire perché non si lascino aperte le porte della stazione durante la notte, almeno in questo periodo di intemperie e umidità, se non ancora di freddo. Chi ha l'autorità per agire in qualsiasi modo perché ciò avvenga, agisca!

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