martedì 2 giugno 2020

Il ritorno delle piazze

Già prima della pandemia, negli ultimi anni, sono cresciuti grandi movimenti di rivendicazione e protesta, tali quali non si vedevano dalle manifestazioni anti G8 a Genova nel 2001 o dalla mobilitazione generale per la pace nel mondo, il 15 febbraio 2003, alla vigilia della II guerra irachena.
Le piazze occidentali si sono nuovamente riempite, a livello planetario grazie a Greta Thunberg con milioni di giovani impegnati nei venerdì per il clima e ai diversi pride realizzati in tutte le più abitate città del Nord del Pianeta. In Italia la solidarietà con gli immigrati ha permesso di organizzare straordinari (e ben poco pubblicizzati) cortei, con presenze nell'ordine oltre i 100.000 a livello nazionale, oltre i 10.000 nel Friuli Venezia Giulia. Le "sardine", si pensi ciò che si vuole del loro non sempre chiaro orientamento culturale, hanno avuto il merito di riavvicinare alla politica rappresentativa milioni di cittadini, soprattutto giovani. Ovunque hanno ripreso il loro percorso le marce per la pace, la giustizia e i diritti delle persone.
Tutto ciò è stato momentaneamente bloccato dal virus globale che tra gli altri danni ha portato anche quello dello scoraggiare i grandi raduni di popolo, a causa del distanziamento imposto dalle discusse esigenze di evitare il contagio. Anzi, dopo il tempo del silenzio e delle "serrande abbassate", la sfida ai governi ritenuti colpevoli di terrorismo psicologico e strumentalizzazione dei fatti, è diventata uno degli elementi della nuova protesta, fatto proprio ordinariamente dalle destre dove i governi si definiscono di sinistra e dalle sinistre là dove i governi sono di destra.
Negli Stati Uniti le vicende tragiche di Minneapolis hanno da una parte rivelato un'America molto sensibile ai diritti umani e scandalizzata da forme di repressione disumane per non dire criminali. Ma hanno anche dato l'occasione a Trump di uscire dalla marginalizzazione provocata dalla confusa gestione del coronavirus e recuperare il ruolo di "custode" degli interessi delle multinazionali, di parte degli industriali e soprattutto di quel mondo agricolo che costituisce il suo grande bacino elettorale.
In Slovenia decine di migliaia di ciclisti invadono ogni venerdì la Capitale e le altre principali città, sfidano il nuovo premier Janša, contestandone la pericolosa deriva autoritaria e l'"amicizia" con i principali capi sovranisti e nazionalisti dell'Unione Europea. La loro protesta si va ampliando di settimana in settimana, ma riuscirà a convincere la popolazione non legata alle città, serbatoio di fedeli per la sofferente Chiesa slovena e per le istanze della destra di potere?
In Italia sembra accadere il contrario, le contestazioni vengono dai gilet arancioni ma anche dalla destra razzista e xenofoba che organizzano assembramenti senza mascherine non solo per esprimere perplessità sulle scelte sanitarie, ma soprattutto per chiedere la rimozione di un Governo che sembra ostaggio dei reciproci veti posti dalle due maggiori forze che lo sostengono. E il continuo stracciarsi le vesti del popolo della sinistra (o presunta tale), senza la capacità di produrre efficaci proposte alternative, non fa altro che ridare vigore alle formazioni leghiste e neofasciste, indubbiamente molto più capaci di ascoltare e strumentalizzare il disagio di settori sempre più ampi delle regioni d'Italia.
Insomma, sono tornate "le piazze", ma in assenza di una cultura di base in grado di orientare la vita politica, esse assumono forme nel contempo entusiasmanti in quanto in grado di generare senso di appartenenza e ambigue in quanto difficilmente trasformabili in progetti e programmi sociali autenticamente sostenibili.
Insomma, è un periodo di delicata ricerca, di rischiose avventure, di molta sofferenza, di grande interesse...

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