venerdì 5 giugno 2020

Troppo giovani e troppo vecchi...

La mia generazione - figli degli anni '60 - ha avuto una caratteristica molto particolare. Si è stati troppo giovani fino al giorno in cui ci si è svegliati troppo vecchi.
Si è infatti cresciuti seguendo dei "mostri sacri". In politica c'erano coloro che avevano fatto la Resistenza, giovani rampolli nel primo dopoguerra e inamovibili centri di potere fino al crollo delle ideologie, accompagnati e qualche volta sostituiti dai protagonisti del '68. Il giornalismo e la televisione hanno presentato sostanzialmente gli stessi volti fino a tempi molto recenti, Pippo Baudo, Mike Bongiorno e Raffaella Carrà presentavano i più importanti spettacoli nazionali, alternandosi al ritmo delle frequenti e ripetute presidenze del Consiglio. In ambito scientifico i "baroni" occupavano le cattedre universitarie e per poter aver un minimo diritto di parola i giovani dovevano farsi largo portando per anni le borse dei titolari. Nella Chiesa dominata da una gerontocrazia inamovibile, si facevano strada i rampolli del Concilio Vaticano II, blindandone l'interpretazione - da destra e da sinistra - sostanzialmente fino all'epoca dell'attuale Pontificato di Francesco. E ovunque ci si sentiva dire che "manca ancora l'esperienza", che "occorre farsi", che "giungerà il momento giusto"... 
E quando, dopo tanta attesa, neo-quarantenni o appena-cinquantenni pieni di ottime intenzioni, si è finalmente raggiunta l'età in cui smettere i calzoncini corti dell'apprendistato e indossare le toghe solenni del Potere, è arrivato lui, il se-dicente "rottamatore".
E all'improvviso ci si è sentiti "vecchi", custodi di un ordine al quale in realtà non si è mai appartenuto, scavalcati dall'orda delle nuove generazioni d'assalto, pronte a liquidare le cariatidi del passato e a slanciarsi verso il nuovo Sole dell'avvenire. Il renzismo ha portato le nuove generazioni in Parlamento, con un calo vertiginoso degli indici di età media, le tv statali e private si sono riempite di volti nuovi, meteore di un istante sotto gli sguardi preoccupati o bonari degli stagionati conduttori storici, i preti ipergiovani si sono divisi il cattolicesimo tra progressisti entusiasti "francescani" e tradizionalisti da far impallidire la memoria di Lefebvre. E tutti a dire che il valore dei valori è il "cambiamento", qualunque esso sia. L'esperienza è diventato un freno del quale liberarsi, salvo stritolare anche i nuovi venuti nella stessa Restaurazione appena avviata. Insomma, cose già viste...
E noi in mezzo, la generazione dei troppo giovani fino al giorno in cui non siamo diventati troppo vecchi.

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