sabato 27 giugno 2020

I venerdì di Ljubljana: Svoboda je glagol, Libertà è Azione...

Ieri, 26 giugno, è stato il nono venerdì di protesta in Ljubljana e in Slovenija. Le migliaia di persone che si riversano ogni settimana nelle piazze e sulle strade, chiedono la fine dello janšismo, un approccio politico ritenuto dai manifestanti nazionalista, neoliberista e populista. Per i più giovani inoltre, questa visione incarnata dall'attuale Governo, guidato proprio da Janez Janša, rappresenta tutto ciò che fa parte di un passato ormai incapace di generare prospettive di speranza. Assenti per lo più i simboli e i volti dei partiti, anche di quelli d'opposizione, la contestazione trova i propri riferimenti soprattutto negli artisti. Le poche parole pronunciate sono delle vere poesie, i numerosi cartelli rivelano una straordinaria creatività nel sottolineare, accanto alla denunciata corruzione del sistema di potere, anche il razzismo, il trattamento inumano dei profughi, la rovina della Natura, la cancellazione dei diritti e la repressione poliziesca. Il punto di partenza sembra originale e interessante: la Cultura (con la C maiuscola) si propone come fondamento oggi di una protesta, domani di una nuova stagione politica. Non a caso è particolarmente significativa l'immagine del più importante poeta sloveno, France Prešeren, incatenato e triste. La grande statua si trova nella piazza a lui dedicata, nel luogo più centrale e visitato della capitale slovena. La scritta ordinariamente riporta correttamente il cognome Prešeren, che in sloveno significa anche "gioioso". Nella protesta si è visto cambiare il nome in Žalosten, che significa "triste". E' questo forse l'elemento innovativo e come tale pericoloso, forse la spiegazione del fatto che si parli così poco altrove di ciò che sta accadendo a Ljubljana. Non si tratta di congiure di palazzo, di sostituzione di governi variamente colorati. Si tratta di un popolo, o almeno di una parte di esso, che vuole partire dalla coscienza della propria autentica e profonda identità, per aprirsi a una visione nuova della Democrazia. Non si tratta di demolire il concetto di rappresentanza - anche se in Slovenia le percentuali dei votanti alle elezioni sono ordinariamente piuttosto basse - ma di ridare piena dignità alla partecipazione viva e attiva di tutti alla gestione del bene e dei beni comuni. La protesta può essere un modello per altri Paesi? Può nascere una nuova visione della Cultura e della Politica capace di unire rappresentatività e partecipazione assembleare? Si apre una strada verso un'Europa (e un Mondo...) non più dei mercati e delle lobby finanziarie, ma dell'ecologia, del lavoro e delle persone?
E' un po' troppo presto per dirlo, l'auspicio è certo quello che la forza poetica dei cortei sloveni non venga soffocata dal caldo dell'estate incipiente o ancor peggio da nuove restrizioni provocate da eventuali recrudescenze del coronavirus. E' un seme gettato, innaffiamolo affinché la pianta che da esso germoglia possa estendere la propria ombra ben al di là dei confini di una Nazione. Nel frattempo si accolga nel cuore uno degli slogano ricorrenti , "Svoboda je Glagol", la Libertà è Verbo, cioè parola che diventa gesto, azione...

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