giovedì 11 giugno 2020

Edipo Re

Sigmund Freud ha di fatto blindato l'interpretazione della straordinaria tragedia di Sofocle. Edipo è diventato la chiave ermeneutica per penetrare oltre la porta del conscio e scoprire i desideri inconfessabili, quelli relativi all'uccisione del padre e al matrimonio con la madre.
Ogni tanto rileggere uno dei più alti capolavori letterari e teatrali è molto utile e, come accade sempre con i testi antichi, ogni volta si scopre qualcosa di nuovo o forse, balza agli occhi un nuovo punto di vista.
Tralasciando il terribile "crescendo" che porta il signore di Tebe ha scoprire passo dopo passo una verità che solo l'indovino Tiresia, nella sua cecità, era riuscito a "vedere", ci sono alcuni aspetti particolarmente interessanti che non sempre vengono rilevati.
Anzitutto la totale mancanza di pietas di Edipo - e di tutti i protagonisti, compreso il coro - nei confronti dell'incauto viaggiatore che, insieme alla scorta, aveva tentato di oltrepassare il viandante rischiando di schiacciarlo nei pressi del famoso trivio. Non si tratta di un semplice incidente stradale, ci lasciano le penne Laio e tutti i suoi accompagnatori, trascinati dalla furia omicida del passante offeso. Lo scandalo non sarà l'assassinio di tutta la compagnia, chi siano i morti è del tutto irrilevante, il dramma è incentrato esclusivamente sul riconoscimento del padre.
In secondo luogo, come capita spesso nel teatro greco, è difficile cogliere la demarcazione fra il bene e il male. Il servitore che ha deciso di salvare Edipo invece di lasciare il neonato in preda ai denti delle fiere, ha agito perché mosso da un sentimento umano, chi se la sentirebbe di lasciare sui monti un esserino piccolo e indifeso? Eppure tutto era già scritto nel destino: il figlio avrebbe ucciso il padre e sposato la madre, ovvero avrebbe compiuto i più gravi delitti immaginabili in quel tempo. Ci si può ribellare al destino? Una buona azione può portare conseguenze cattive? Se qualcuno - dio o uomo che sia - potesse prevedere la mostruosità di una vita dedita solo al Male, perché non dovrebbe impedire che essa abbia inizio? Fin dove giunge il libero arbitrio, se tutto è determinato dal fato?
Anche Giocasta non è indenne da atteggiamenti per lo meno discutibili. E' lei che per il "bene" del marito e di sé stessa, ha deciso di abbandonare il proprio figlio sul Citerone. I problemi se li pone solo quando intuisce la verità dietro alle parole oscure dell'araldo che viene ad annunciare la morte del padre adottivo di Edipo. Prima per lei quell'uomo è solo colui che risolve il problema posto dalla sfinge, soluzione dell'enigma che sembra spalancare a colui che ha indovinato i cuori e le menti di tuti i tebani.
Infine è straordinaria l'intuizione di Sofocle: proprio colui che riesce a comprendere la soluzione dell'enigma, proprio lui finisce in un vortice di dolore immenso e incomprensibile. Davvero la scoperta della dignità dell'Uomo corrisponde alla consapevolezza della sua intrinseca fragilità.

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