La febbre del consumo ha così contagiato anche questo luogo meraviglioso, questa reliquia di un ambiente che fino a pochi anni fa era ancora incontaminato.
Ci si può immaginare quella giornata di maggio. Automobili, elicotteri, motociclette, pedoni assiepati. E sotto il santuario, la piazza dell'arrivo, le interviste, gli autografi, il processo alla tappa. E ci si può immaginare che cosa resterà. Una strada di cemento che, nonostante i divieti, invoglierà tanti a domandare permessi, un'area un tempo occupata da un laghetto trasformata in parcheggio, rumori di motori di veicoli che arrancano in salita, emissioni da tubo di scappamento al posto delle fragranze boschive. E' l'addio alla tranquillità di un luogo tanto caro a tutte le genti che abitano ai piedi del monte, sloveni, austriaci, italiani e friulani.
E' un addio che vale anche per i veri amanti della bicicletta. Molti, inforcando la mountain bike, hanno già raggiunto il Lussari, la strada sterrata è da anni un buon banco di prova per chi ha gambe e polmoni. si sono fatte anche gare, di velocità in salita, anche con molto concorso di pubblico. Poteva bastare, anche per rilanciare l'uso della bicicletta come mezzo che unisce cultura, economia, umanità e salute. Nessuno aveva mai neppure immaginato un simile consumo di suolo, la cementificazione di una stradina di montagna, il lancio nel circo del turismo globale. E' vero, le avvisaglie c'erano tutte. La funivia aveva riempito i fine settimana d'inverno di sciatori innamorati della stupenda pista Di Prampero, mi aveva consentito anche a chi non ha il dono o la forza per camminare di sperimentare la spiritualità dell'ambiente. C'era stata una lunga battaglia per evitare la trasformazione dell'antica via dei pellegrini in pista da sci. E pensare che fino agli anni '80 del XX secolo era ancora possibile vedere alcuni tratti del selciato di pietre lisce sulle quali molti pellegrini salivano in ginocchio per ore!
Insomma, il Monte Lussari è uno scrigno di storia, di fede, di bellezza paesaggistica e anche di arte. E' un luogo che è rimasto nei secoli così affascinante anche per la fatica richiesta per raggiungerlo. Forse per questo, la tappa del Giro d'Italia sembra a molti - certo, non a tutti - più che una provocazione, un'inutile profanazione di un tempio della Natura e dell'Umanità.
Sono consapevole che ciò non interesserà a nessuno, ma da appassionato ciclista e da abbastanza fedele spettatore della corsa rosa, quest'anno non seguirò le sue tappe, meno che meno la diciannovesima, la cronoscalata da Valbruna al Monte Lussari.
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