Il 3 ottobre 2013, a poche miglia dal porto di Lampedusa, il naufragio di una delle tante navi di un'effimera speranza, ha provocato la morte di 368 persone, alle quali sono da aggiungere 20 dispersi.
368 esseri umani, soggetti di diritto come ogni altro simile, hanno perso il dono prezioso della Vita, inghiottiti dai flutti del mare profondo.
Non sono certo gli unici, da allora fino a oggi, il Mediterraneo si è bevuto altre 24.473 esistenze, un vera voragine nella quale è coinvolta anche la mostruosa indifferenza con la quale vengono ormai accolte notizie di questo genere.
E' uno dei motivi per i quali è stata istituita la Giornata della Memoria e dell'Accoglienza, un momento di riflessione, di ricordo e di indispensabile impegno. Ogni anno, il centro delle commemorazioni è sempre Lampedusa, ma un'altra città italiana si propone come richiamo a tutte le altre. Di solito si è trattato di città di approdo dei migranti in fuga dalle guerre e dalla fame, quest'anno la scelta è caduta su Trieste.
Un centinaio di persone si è riunita nel comune di san Dorligo della Valle (Dolina) e ha simbolicamente percorso un brevissimo tratto della rotta balcanica, altro percorso nel quale tante vite si sono spezzate, a a causa delle percosse ricevute o degli improbi attraversamenti di boschi e di fiumi impetuosi. Ci sono stati brevi e interessanti interventi, ma a parlare più di ogni discorso sono stati i segni del passaggio quotidiano di decine di persone, provenienti dal vicino confine con la Slovenia, giunti in Italia dopo inenarrabili difficoltà, nella speranza di essere accolti. Molti di loro, fino allo scorso anno, venivano rintracciati e riportati in Slovenia, da lì in Croazia e poi in Bosnia, in una specie di tragico gioco dell'oca vissuto alle spalle dei più poveri fra i poveri della Terra, stranieri in terra straniera. Giunti quasi alla meta e prima di essere "beccati" dalle forze dell'ordine, dopo aver perso tutto ciò che possiedono, devono librarsi perfino della loro identità, per non essere respinti nel Paese dal quale sono partiti o per farsi riconoscere come minorenni non accompagnati. E devono anche lasciare tutto ciò che potrebbe servire a un'improbabile identificazione. E così, il dolce percorso nel bel bosco che nasconde l'orrendo parco dei serbatoi petroliferi di san Dorligo, a poche centinaia di metri dalla romantica e affascinante Val Rosandra, è cosparso di vestiti abbandonati, sacchi a pelo, documenti sparsi, perfino fotografie strappate che lasciano presagire storie ben più dolorose che avventurose. Ogni giorno, racconta il sindaco di Dolina, tutto viene raccolto e portato all'inceneritore e ogni giorno si torna daccapo, uno stillicidio di piccole memorie disseminate sull'orlo della foresta.Come non pensare ai corpi martoriati, quelli che Linea d'Ombra, con Lorena, Gianandrea e tanti altri accolgono e curano ormai da anni nel Piazzale dei Popoli davanti alla stazione di Trieste? O a quelli ammassati nei nuovi lager costruiti dal capitalismo, in Libia, in Turchia, nelle isole greche, in Centri Per il Respingimento come quello di Gradisca? Cosa ne sarà di un'Europa incapace di trovare pace nei suoi stessi confini, pronta a costruire nuovi muri finalizzati a dividere il Mondo tra il regno dei ricchi e quello dei poveri? Cosa ne sarà di un Pianeta nel quale l'80% della popolazione fa molta fatica a trovare qualcosa da mangiare, mentre il 20% viene schiacciato dall'eccessiva abbondanza che crea obesità fisica e intellettuale? Nel quale una minima parte si può permettere di viaggiare per puro piacere, mentre l'altra - vilipesa e maltrattata dalla prima - può muoversi solo rischiano la vita nell'attraversare deserti, mari e boschi selvaggi, soltanto per poter dare un futuro di sopravvivenza alla propria famiglia?
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