mercoledì 5 ottobre 2022

Putin e Zelens'ky, venite nella pace ad Aquileia!

Tramonto nella basilica matriarcale di Aquileia
Era purtroppo fin troppo facile prevedere gli sviluppi della guerra fra Russia e Ucraina. Quello che non ci si poteva immaginare è che quasi nessuno avrebbe lavorato per favorire trattative e costruire accordi di pace. Tra le persone che hanno accesso alle prime pagine dei giornali, l'unico che è stato coerente, fin dal primo giorno, è stato papa Francesco. Non è un caso che lo spazio a lui dedicato sui media si è improvvisamente rarefatto, mentre fino all'inizio dell'attuale conflitto le sue esternazioni venivano immediatamente raccolte da tutti. Anche nel forte intervento della scorsa domenica le ha cantate a Putin, affinché la smetta di inviare truppe a massacrare e a farsi massacrare in Ucraina e le ha cantate a Zelens'ky, chiedendogli di accettare subito un dialogo per una tregua. Si può dire di tutto di questo vescovo di Roma - forse potrebbe spendere qualche parola in più sul Tigray o sulla straordinaria protesta delle donne dell'Iran - ma non che non si sia impegnato per fermare i combattimenti in Ucraina.

E così accade che il conflitto, endemizzandosi, diventi sempre più grave e che possa da un momento all'altro allargarsi ad altri Paesi o interagire con altre situazioni delicate del Pianeta. Non si deve dimenticare poi la crisi energetica, con tutto il patrimonio di speculazione che porta con sé, al di là della facile attribuzione di responsabilità solo al protrarsi della guerra in territorio europeo. Le minacce - reali o strategiche che siano - di utilizzo della bomba atomica rendono ancor più surreale il clima, da una parte  dall'altra dell'Atlantico. Nel bel mezzo di questa confusione ci si mette anche la Corea del Nord con i suoi test missilistici verso il Giappone e con la risposta statunitense nella stessa zona.

Insomma, c'è tanta benzina sul fuoco e ormai il classico cerino potrebbe essere gettato da un momento all'altro. Come correre ai ripari? Ci si aspetterebbe un soprassalto gigantesco delle diplomazie di tutto il mondo, un correre da una parte all'altra dell'Europa per trovare immediate e durature situazioni. Invece no, il problema è ancora fermare Putin con le sanzioni che stanno per mettere in ginocchio tutti i paesi che le applicano e l'invio di ulteriori sofisticate armi al presidente ucraino. Ormai dovrebbero essere quasi esauriti gli arsenali delle armi convenzionali custodite negli Stati Uniti e nell'Unione europea. Adesso che fare? Migliorare la qualità e aumentare la quantità? O inserirsi finalmente in un cammino opposto a quello percorso finora, accogliendo - tutti, non solo Putin e Zelens'ky - l'appello a deporre gli strumenti di morte e ad avviare strategie di fraternità e pace?

Nova Gorica e Gorizia potrebbero essere luoghi in cui avviare trattative, ma nonostante le intenzioni esplicitate sui giornali, non se ne è fatto nulla. Aquileia potrebbe essere ancora di più adatta, come luogo di riferimento storico anche per le popolazioni di Kiev e di Mosca. Questi nostri territori che hanno visto tanto sangue versato, possono ora diventare faro ci collaborazione, solidarietà e pace per tutto il mondo. questa sarebbe la vera porta della "capitale europea della Cultura". Con la mediazione di Francesco, si potrebbe inviare l'invito agli emissari di Putin e Zelens'ky, affinché comincino a incontrarsi da queste parti, fuori dai riflettori planetari. Il sindaco di Aquileia ha già pubblicamente raccolto con convinzione la proposta, nel corso della presentazione del Libro delle 18.03, sottolineando come la Basilica patriarcale (o meglio, matriarcale) sia stata consacrata nel 1031, prima quindi dello scisma tra Oriente e Occidente. Come tale è riconosciuta sia dagli ortodossi russi che dagli uniati ucraini e in questo caso anche le confessioni cristiane interessate, potrebbero effettivamente essere e sentirsi "a casa propria".

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