Ieri il tribunale di Roma ha dato ragione a un migrante pakistano che ha raccontato gli orrori della rotta balcanica e ha stabilito che il comportamento del Ministero degli Interni, con le "riammissioni" in Slovenia, "viola contemporaneamente la legge italiana, la Costituzione, la carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e lo stesso accordo bilaterale Italia/Slovenia".
Si tratta di una grande vittoria giudiziaria che apre la strada a un nuovo modo di guardare non soltanto agli scandalosi respingimenti voluti dalla ministra Lamorgese in accordo con il governo cosiddetto giallorosso, ma anche alla tragica situazione del nord della Bosnia e del sud della Croazia, da dove cominciano a filtrare terribili notizie di tante persone che hanno perso la vita sulla rotta balcanica.
Ma si tratta anche di una vittoria della perseveranza di chi da anni, fino a un mese fa senza molto ascolto, ha denunciato le gravi situazioni. La moltiplicazione degli appelli, le manifestazioni, i viaggi nel cantone di Una Sana, anche il digiuno staffetta e i convegni internazionali, hanno aperto il vaso di Pandora e ora la "scorta mediatica" ha supportato efficacemente l'iter giudiziario.
Certo, è un piccolo tassello nel mosaico della giustizia. La realtà dei campi di Lipa, Bihač, Velika Kladuša, Sarajevo non consente né sorrisi compiaciuti, né allentamento delle pressioni sull'Europa e sui Governi dei paesi sulla rotta balcanica. I morti, i torturati, i feriti, i dimenticati sono donne, uomini e bambini che hanno lo stesso diritto alla Vita di ogni altro essere umano e non possono essere condannati a perdere o comunque rischiare la vita nello squallido "game", per loro speranza di futuro, per chi li intercetta occasione per manifestare crudeltà, inutile violenza e disumanità.
Non si può dimenticare che l'incredibile violenza della polizia croata e le minacce di quelle slovena e italiana non sono solo il frutto di inaudita cattiveria, ma anche "obbedienza agli ordini" di "difesa dei confini" - o meglio "degli interessi" - dei governi locali ma anche dell'Unione Europea nel suo insieme.
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