giovedì 7 gennaio 2021

Lamerica

Dopo un doveroso pensiero alle vittime dell’irruzione dei trumpisti nel Campidoglio e dopo l’ovvia condivisione delle più cupe denunce di inaudito attentato alla democrazia, fine della libertà, colpo di coda del Caimano e così via, è necessario cercare di individuare risposte che vadano al di là del contingente.
La prima domanda riecheggia eventi accaduti in altre parti del mondo e frequentemente “risolti” proprio dagli Stati Uniti d’America o da quelli meno uniti d’Europa. Cosa accade quando un corpo elettorale elegge democraticamente una persona, un partito o una coalizione esplicitamente antidemocratici? Come porsi di fronte a regimi autoritari e dittatoriali, ma sostenuti con evidenza dalla maggior parte della popolazione? Lo si è visto in passato, con due pesi e due misure, a seconda della potenza del Paese in questione. Se si tratta di grandi potenze, si brontola un po’ stando bene attenti a non superare i limiti del pericolo di uno scontro reale. Se invece sono Stati “abbordabili”, come l’Algeria, la Libia o altri Paesi dell’Africa o del Medio Oriente, si interviene con i mezzi militari, in modo diretto o indiretto, deponendo il tiranno e destabilizzando totalmente il territorio. Questa volta sono gli stessi “guardiani del mondo” ad affrontare direttamente il problema, non soltanto per il più o meno tollerato attacco al Campidoglio, quanto per un malcontento generale che potrebbe sfociare in una vera e propria guerra civile. Come uscirne? Cosa dovrebbero fare i “democratici”, anche quelli di casa nostra? Prima di tutto dovrebbero comprendere che Trump non è tanto una causa, quanto una conseguenza di un sistema malato, dove il consenso viene determinato dal possesso e dalla gestione dei mezzi di comunicazione, controllati per lo più dai grandi network multinazionali.  
Il secondo interrogativo, conseguente al precedente, riguarda appunto la qualità del consenso. In questo contesto, la situazione statunitense è particolarmente significativa, dal momento che la posta in gioco è con un’evidenza mai precedentemente così esplicita, la pura gestione di un Potere, indipendentemente da qualsiasi considerazione di ordine ideale o ideologico. Nel caso in questione la controversia non riguarda neppure quella parvenza di diversità che va sotto il nome di “democratici” e “repubblicani”, dal momento che perfino questi ultimi hanno abbandonato il “loro” presidente. In una situazione nella quale il potere reale della democrazia rappresentativa è fortemente indebolito e non esistono più visioni ideali o più in generale culturali in grado di dare spessore alla Politica, che cosa accade? Che la maggior parte delle persone non crede più in nulla, non partecipa più neppure al momento elettorale e, nel momento della difficoltà e della crisi, il disagio si trasforma in esplosione di violenza difficile da controllare.
Ecco allora la grande sfida che non riguarda solo Biden che comunque avrà un compito assai delicato fin dai primi passi della sua presidenza. Interessa infatti tutti, da una parte e dall’altra dell’Atlantico, ed è quella di rimettere in discussione l’intero sistema del Capitale, “aiutati” in questo senso dal particolare momento del Pianeta. Come accaduto dopo la prima e la seconda guerra mondiale, le grandi crisi hanno provocato enormi sofferenze e distruzioni, ma anche tanti cambiamenti, a volte drammatici, a volte indispensabili. Il coronavirus, come gli eventi del Campidoglio e quelli che accompagneranno l’indiscutibile ma anche tanto sofferta ascesa alla Casa Bianca del nuovo Presidente, devono essere il segnale della necessità di un immenso risveglio delle coscienze. Tali realtà, che hanno in comune la crescita della povertà e del disagio esistenziale, possono orientare verso la prospettiva balducciana dell’”uomo planetario” oppure essere il prodromo di un’ulteriore, pericolosissima deriva, controllata e incentivata dai pochissimi, transnazionali Padroni del vapore (e dei media).  

2 commenti:

  1. Complimenti Andrea per questo lucido commento. Aggiungo un link utile per alcuni numeri a supporto delle tue tesi: https://www.idea.int/

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  2. Quando si tratta di governi americani, mi viene spontaneo arricciare il naso, sia che al potere vi siano i democratici, sia che vi siano i repubblicani. Basta pensare a chi ha voluto la Guerra del Vietnam, lo stesso presidente tanto amato che, pare, abbia ottenuto consensi anche con i voti della mafia....
    Basta pensare ai colpi di stato avvenuti in America Latina e non solo; alle ingerenze che hanno sempre avuto come fossero "i padroni del mondo", gli "esportatori di democrazia". Il modello americano non l'ho mai amato. Ho sempre diffidato di quel popolo senza radici, un'accozzaglia di gente proveniente da ognidove che ha spodestato chi in quei luoghi aveva diritto di stare....
    Io credo che gli americani non abbiano nulla da insegnare a nessuno; a mio avviso, per molti aspetti, sono da considerare solo di cattivo esempio.

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