Non basta celebrare, occorre anche pensare, lasciarsi toccare dal pensiero di ciò che è accaduto. Nel cuore della "civile" Europa, due popoli, quello tedesco e quello italiano, consentono a due criminali, Hitler e Mussolini, di diventare "fuhrer" e "duce". Come non rabbrividire guardando i film del tempo e vedendo le masse entusiaste inneggiare a chi proclamava la guerra, a chi teorizzava la "soluzione finale"? Come autorevoli scrittrici e scrittori hanno detto, è terribile ma vero, ci si può abituare alla quotidianità del Male e questa abitudine, passo dopo passo, porta alla catastrofe dell'umanità.
In altre parole, ci si può non accorgere di ciò che si sta verificando sotto i nostri occhi e la sofferenza, anche quella immane, può passare inosservata, in una sorta di immunità esistenziale che rende impossibile il contagio della solidarietà e della compassione.
Per questo lo sguardo oggi deve andare in tanti luoghi del mondo dove i genocidi sono ancora all'ordine del giorno, interi villaggi vengono cancellati dalla violenza assassina, centinaia di milioni di persone sono costrette a fuggire dalle guerra, dalle persecuzioni razziali e ideologiche, dalla fame. Forse tra qualche decennio sarà istituita una Giornata della Memoria (o come la si vorrà chiamare) per ricordare le decine di migliaia di morti nel Mare Mediterraneo, sulle rotte balcaniche verso l'Eldorado Europeo o su quelle centro americane verso i muri innalzati dai vari Trump e seguaci.
E la gente ci chiederà: "Ma dove eravate mentre accadeva tutto questo?" E noi risponderemo: "E come potevamo saperlo?". E domanderanno ai capi: "Perché avete fatto così poco per evitarlo?". Ed essi risponderanno: "Abbiamo solo obbedito agli ordini".
Parole già sentite, drammi ripetuti... In ogni caso, un esame cui sottoporre la coscienza, se non si vuole che la Giornata della Memoria non sia solo una celebrazione annuale, ma l'occasione per riflettere, per aprire gli occhi e per cambiare.
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