Da quando sono stati chiusi i confini dei Comuni, per evitare i contagi da coronavirus, un bellissimo luogo è diventato un nuovo punto di riferimento per molti goriziani, sloveni, friulani e italiani. Il Sabotino, o Sabotin o San Valantin comunque lo si voglia chiamare, da nome simbolo della prima guerra mondiale è diventato sinonimo di pace, amicizia fra popoli, amore.
Per chi ha buone gambe, non è difficile da raggiungere. Dalla Slovenia, chi non vuole affrontare uno dei meravigliosi sentieri che salgono da est e da nord, si può arrivare con l'auto - meglio ancora e senza eccessivo sforzo con la bicicletta - fino ai rifugi, dove ci sono le trincee e un piccolo ma molto interessante museo. Da lì alla vetta ci sono pochi passi, al massimo un quarto d'ora di cammino. Dall'Italia si può salire fino alla suggestiva chiesetta e all'abitato di San Mauro, poi o tramite strada asfaltata ex militare oppure (meglio!!!) su splendido sentiero tra le rocce e nella boscaglia, si risale fino alla cresta. Passati accanto alla O della scritta TITO, facendo slalom tra i cippi di confine che segnano una divisione sempre meno significativa, si raggiungono i resti dell'eremo di san Valentino, restituiti alla luce e alla contemplazione dall'opera straordinaria del compianto Mario Muto. Poi si percorre la lunga cresta, con vista mozzafiato sulla valle dell'Isonzo/Soča e si raggiunge la cima.
Due, fra tante, sono le impressioni che consentono di comprendere perché molti "goriziani" salgono come minimo una volta la settimana, attuando così quell'"attività fisica" consentita dalle varie norme.
La prima è che quassù, soprattutto dalla primavera 2020, ci si ritrova in tanti e senza realizzare alcun assembramento, diventa possibile conoscersi, stimarsi e gioire insieme della bellezza della natura e del fascino della storia. Si sentono parlare tutte le lingue del territorio, anche quelle di nuovi migranti dall'est e dal sud del mondo, attualmente residenti nel territorio.
La seconda è che lo sguardo dall'alto consente di abbracciare un'inequivocabile verità. Il "Goriziano" è unico, nella valorizzazione della sua diversità. I nuovi quartieri della giovane Nova Gorica prolungano le antiche case dominate dal colle del castello della vecchia Gorizia. Architetture recenti si intrecciano con antiche emozioni, in un contesto che racconta, anche soltanto a prima vista, l'epopea del Novecento, dai - presunti o reali - fasti imperiali alla tragica vicenda della prima guerra e del funesto fascismo, dalla terribile esperienza della seconda guerra al lungo, faticoso ma anche fruttuoso cammino di ricostruzione di un'identità multipla e multiculturale.
Dall'alto risulta evidente l'intelligenza e l'originalità della scelta di Nova Gorica/Gorizia capitale europea della Cultura nel 2025. In pochi ambiti del Vecchio Continente, forse anzi soltanto qua, è possibile respirare quella "comunione nella ricchezza delle diversità" che costituisce o almeno dovrebbe costituire - uno dei pilastri teorici dell'edificio dell'Unione Europea.
Allora, auguri a questo meraviglioso e drammatico territorio, arrivederci a presto, possibilmente... sul Sabotino, Sabotin, Mont di san Valantin.
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