domenica 16 aprile 2023

Una "via dolorosa" lungo le strade di Gorizia

 

E' stata molto interessante la mattinata di sabato 16 aprile, grazie alla proposta dell'ANPI di Gorizia incentrata sulla visita ad alcuni luoghi importanti della città. 

Si è iniziato presso la sinagoga, dove Luciano Patat ha tracciato una breve sintesi della storia dell'ebraismo goriziano, soffermandosi in particolare sulla tragedia della deportazione degli appartenenti alla comunità di Gorizia, sterminata di fatto dalle deportazioni nei campi di sterminio nazisti.

Nella zona di via San Giovanni, dove tuttora è visibile il balcone in ferro battuto con al centro il monogramma dell'associazione sportiva Južni Sokol, sono state ricordate le forme di opposizione alla repressione fascista degli sloveni della Primorska, rilevando i luoghi degli incontri clandestini che hanno portato alla costituzione del gruppo TIGR. Di esso ha parlato Gorazd Humar, presidente attuale del sodalizio che tiene viva la memoria della lotta del popolo sloveno per la salvaguardia della propria lingua e cultura. 

La sosta successiva è stata davanti al Seminario teologico centrale di Gorizia, dove è stato ricordato il ruolo multiforme della Chiesa cattolica nel periodo del fascismo e durante la seconda guerra mondiale. Si è sottolineato il ruolo degli arcivescovi Sedej e Margotti, in mezzo a loro il (funesto) periodo, dal 1931 al 1934, dell'amministrazione apostolica di Sirotti. Si sono notate le differenze d'approccio del clero e del laicato sloveni, friulani e italiani, nella prospettiva di una nuova fase di collaborazione e pacificazione realizzata - almeno in parte - soltanto negli anni '60 del XX secolo.

La visita esterna del palazzo del Trgovski dom, edificato nel 1903 dall'architetto Max Fabiani, ha consentito di fare il punto sulle attività commerciali e culturali della comunità slovena goriziana all'inizio del XX secolo. Si è poi ricordata la continua pressione da parte dei fascisti che ha portato, nel 1926, all'assalto e alla devastazione dell'ambiente e alla sua successiva trasformazione in Casa del fascio, così denominata fino alla fine della seconda guerra mondiale, quando, per un paio d'anni, fino al 1947, è stata Casa del popolo. Divenuta sede di uffici statali, solo nell'ultimo periodo è ritornata alla Comunità slovena, che ne ha realizzato per il momento la bella biblioteca Fejgel e un vivace centro culturale.

Il gruppo si è spostato poi in Largo Culiat, dove Anna Di Gianantonio ha descritto gli avvenimenti accaduti negli edifici circostanti. C'è la bella, ma in progressivo degrado, villa Louise, meglio conosciuta come Villa Elda, in memoria della sorella di Carlo Michelstaedter, moglie del medico Silvio Morpurgo, costretto dalle leggi razziali a chiudere il proprio studio medico. C'è l'attuale scuola Locchi, un tempo caserma dove venivano portati gli arrestati che, dopo tremende torture, venivano instradati verso i campi di concentramento e stermino nazisti. La stessa sorte era riservata a coloro che venivano presi e portati in una casa dell'attuale via Crispi e soprattutto in Via Roma, torturati e umiliati prima della deportazione o dell'eliminazione fisica.

Insomma, si è trattato di un viaggio nel cuore della città, con alcune suggestioni nuove e inedite, sempre con nella mente e nel cuore l'orrore per il totale disprezzo della vita e della dignità di ogni persona.

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