E' l'eterna lotta tra la luce e le tenebre, tra il gallo che canta l'inizio del nuovo giorno e l'animale del "tartaros" che predilige le tenebre. E' il continuo permanere della dialettica fra gli opposti, la colonna con il premio sembra quasi l'asta di una bilancia. A volte pende da una parte, a volte dall'altra, nell'eterno incontro/scontro che contrapponendo la dualità rende possibile il miracolo dell'unità.
Come conoscere la luce, se non ci fosse il buio? Come essere consapevoli del bene, se non sperimentassimo il male? Come potrebbe esistere il mondo, se ci fosse soltanto il giorno e non la notte?
E' la battaglia senza pause tra Michele, l'arcangelo guerriero e il drago, come pure quella del mitico san Giorgio o della mite Margherita. La drammatica complementarietà si trova nelle descrizioni di Ermes Mercurio, il messaggero (in greco angelo) degli dei, raffigurato spesso insieme al gallo, alla tartaruga, all'ariete (udite udite, studiosi dei mosaici aquileiesi!). Ma è un'inquieta caratteristica anche della gnosi dei primi secoli, aspramente combattuta dalla sedicente ortodossia, ma fondamentalmente alternativa ermeneutica del Gesù cosmico e del Cristo pantocratore (ancora Ermes...). Come in ogni guerra che si rispetti, spesso - non sempre - le sconfitte anticipano le vittorie e così l'annichilimento dei movimenti gnostici trova una sua inattesa rivalsa nelle concezione post e ultramoderna della società. E forse, per dirla tutta, chi ha deciso cosa sì e cosa no (intendo, inserire nel sacro canone dei libri riconosciuti ispirati dal divino spirito), ha cercato di silenziare dei testi nei quali appare in tutto il suo splendore il genio femminile di Maria Maddalena e gli apostoli - proprio tutti, a partire da Pietro - restano umiliati nella loro (e nostra) imbarazzante incapacità di comprendere.
Insomma, se Michele la spuntasse definitivamente, sarebbe finita la storia, che è costruita dal continuo intersecarsi delle diversità, proprio come l'universo non esisterebbe se cessasse all'improvviso la forza di gravità. Nell'iconografia in realtà il drago è schiacciato ma non mai ucciso e si suppone che fuori dal nostro sguardo la situazione potrebbe essere rappresentata altrettanto concretamente con le posizioni opposte. In fondo, gli iconografi sembrano offrire qualche chance all'apparente sconfitto, presentato di solito con un volto simpatico che induce maggiormente alla tenerezza che all'orrore. Anche la diade morte/vita rientra dentro questa riflessione, rimanendo all'Aquileia Mater, Giona inghiottito dal pesce e Giona rigettato dal pesce. Quello sotto il pergolato di zucche richiama invece un'altra storia, quella "al di là" del tempo e dello spazio, fuori dalla portata dei nostri miseri ragionamenti.
Allora, si può scegliere il bene invece del male, la luce invece delle tenebre, la vita invece della morte? Un certo limite di libertà anche c'è, sia pur minimo all'interno di uno svolgersi della dinamica creazione/redenzione che sfugge pressoché sempre alle potenzialità di conoscenza dell'umana ragione. In realtà, ognuno agisce per il bene, la luce e la vita, ma oltre le sue intenzioni la storia universale procede indipendentemente dalle scelte individuali, anzi, anch'esse spesso si rivelano decisive in modo opposto alle intenzioni con le quali sono state poste.
E allora? Allora si viva intensamente ogni istante, perché alla nostra coscienza non è dato altro momento nel quale determinare la qualità del nostro essere che non sia proprio ed esattamente "questo" istante, quello in cui sto scrivendo, quello in cui forse qualcuno sta leggendo. E' la maestà dell'istante che qualifica l'intera esistenza, frammento infinitesimale della storia di questo Cosmo che fors eruota insieme ad altri innumerevoli cosmi intorno a un inconoscibile centro di gravità permanente.
In questo istante si determina la qualità della vita. Forse, moralmente, il piccolo e immenso obiettivo, il fragile ma straordinario scopo di questa sequela - ahimè finitissima - di istanti è quello di accogliere e comunicare l'Amore. L'Amore travalica la dualità e riempie lo spezio della luce e delle tenebre, del bene e anche del male, perfino della morte e della vita. L'Amore permea di sé tutte le cose, ne è il fondamento creativo e ne consente la permanenza permanente, sia pur cangiante, nel tempo. Solo l'Amore è rivoluzionario, perché supera la dialettica degli opposti e li riunifica senza separarli, un po' come diceva del Cristo cosmico (straordinariamente somigliante a quello - condannato! - della gnosi combattuto da Ireneo di Lione), il Concilio di Nicea, un'ipostasi due fysis, oggi si dice, una persona due nature, quella trascendente e quella immanente.
Grazie Andrea
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