Aquileia, plutei della cappella San Pietro (VIII sec.?) |
Quella dell'agnello è una simbologia molto efficace e nello stesso tempo drammatica. Chi non si commuove davanti alla tenerezza di un agnellino (salvo poi mangiarselo senza troppi problemi quando lo si trova nel piatto, fatto a pezzi e arrostito)? Forse questa ambivalenza - commuove, ma la carne è molto apprezzata - è all'origine del segno. C'è un agnello che porta su di sé i peccati del mondo, piace, è accarezzato da grandi e piccini, ma il suo destino è di essere scannato senza pietà e il fumo dell'olocausto, giungendo fino a Dio, placa la ben poco misericordiosa sete di vendetta per le ripetute disobbedienze dei membri del suo popolo.
Forse non è proprio così o forse qualcuno ha capito male, trasferendo sul piano del realismo ciò che avrebbe dovuto rimanere soltanto nell'ambito della metafora.
Fatto sta che Gesù viene presentato come l'"agnus dei", ovvero come colui che toglie i peccati del mondo, donando la sua vita per ogni essere umano. Con ciò - lo dice un testo un po' complesso ma importante come la Lettera agli Ebrei - abolisce per sempre la vittima, il sacrificio e il sacerdote che lo compie. L'agnello, dolce e indifeso, attraversa il triste destino di ogni suo simile, assassinato su una croce dai soliti Poteri, quello religioso (Caifa), quello politico (Pilato) e quello militare. Ma oltrepassando la morte attraverso l'Amore, offre un senso nuovo anche al rito. Agnus lupum vincit. Finisce il sacrificio, inizia il convivio, "questo è il mio corpo che è per voi...", "questo è il mio sangue, versato per voi...", cioè perché voi (ovvero tutti noi) ne possiate mangiare e bere, celebrando eternamente la sua presenza. Dove due o tre sono riuniti nel suo nome, l'Amore è in mezzo a loro.
Per questo, ciò che appare rientra nella normalità. L'agnello è massacrato e non ha scampo, gli agnelli indifesi sono distrutti dai mitra e dalle bombe in ogni guerra, annegati nelle acque del Mediterraneo o nei fiumi dei Balcani, soffocati dalle persecuzioni attuate dai dittatori di ogni tempo, costretti a morire di fame tra dolori lancinanti. Il lupo ha sempre la meglio sull'agnello, sta nella natura delle cose.
L'essenza della Pasqua cristiana è il sovvertimento dei valori e per una volta è l'agnello a prevalere, non uccidendo il lupo, ma sconvolgendo i suoi piani con un tenero sguardo d'amore. Muore ugualmente? Sì. Ma colpito senza colpire, getta nel terreno della Vita un seme di immortalità. Come disse il grande Publio Virgilio Marone, omnia vincit Amor e come ribadì lo stesso Giovanni (o chi per lui) nella sua prima lettera, Θεος αγαπη εστι, Il Divino coincide con l'Amore.
Dunque? Dunque, invece di compiere una strage di innocenti animaletti appena nati, per compiacere la forma di una radicata tradizione, è bene provare a diventare "agnelli" come Gesù, pronti a dare la vita piuttosto che toglierla, a perdonare invece di vendicarsi, ad amare incondizionatamente invece di odiare. Si continuerà così quella semina dell'amore nonviolento dalla quale forse un giorni nasceranno i fiori e i frutti di un mondo universalmente pacificato, nella giustizia e nella verità.
Buona pasqua, vesele velikonočne praznike.
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