L'esperienza di eventi traumatici come le due guerre mondiali dimostra che la risposta non è scontata. Dopo la prima guerra mondiale e la bufera della febbre gialla, ci sono stati cambiamenti radicali e non si può certo dire che "sia andato tutto bene". Sulle macerie si sono sviluppati i semi della violenza e sono nati gli alberi velenosi del fascismo e del nazismo che hanno condotto il Pianeta sull'orlo - e moralmente anche oltre l'orlo - del baratro. Dopo la seconda guerra mondiale, la situazione si è evoluta in modo migliore, almeno per ciò che concerne l'Europa rasa al suolo. Senza dimenticare la sofferenza crescente del Sud del mondo, è vero che gli eroi della Resistenza, con le loro diverse ispirazioni, hanno consentito una crescita straordinaria, grazie agli accordi politici, economici e in parte anche culturali. Fatto sta che un 76enne della parte occidentale dell'Europa ha potuto vivere tutta la sua esistenza senza ordinariamente sapere per esperienza diretta che cosa siano la guerra, la fame, la persecuzione ideologica o religiosa.
Quale differenza tra il primo e il secondo dopoguerra? Tra le tante, una sembra particolarmente significativa per ciò che concerne l'analogia con la guerra e il dopoguerra "pandemici". I giovani che sono saliti sulle montagne per combattere il fascismo hanno riversato tutto il loro entusiasmo nella costruzione della Costituzione Repubblicana, aiutati dalla saggezza dei (pochi) anziani che avevano scelto, a rischio della propria vita, di stare dalla parte della giustizia e della libertà. Per portare qualche esempio, Aldo Moro aveva 30 anni, Nilde Iotti 26, Paolo Emilio Taviani 34, mentre i "vecchi" che stavano con loro erano personaggi dai nomi molto noti, Togliatti, 57 anni, Emilio Lussu e Piero Calamandrei 56, quando furono chiamati al difficile compito di stilare la nuova Carta fondamentale della Repubblica Italiana.
Che cosa si vuol dire con ciò? Semplicemente che dopo questo periodo di minaccia per la salute e presto per la vita sociale ed economica dei Paesi dell'Europa e del mondo, si dovrebbe lasciare molto spazio ai giovani, alla generazione del Millennio e dintorni. Sono loro che dovranno essere i protagonisti, con la passione per la vita e la giustizia, con le capacità tecnologiche e le virtù morali, con nel sangue la consapevolezza di quanto sia legittima la diversità di cultura, di lingua, di opinione, di religione. Certo, i "vecchi" non dovranno essere rottamati, si è visto fin dove possono arrivare i "rottamatori". Ma dovranno rimanere al loro posto che non sarà più quello della militanza o del Potere, bensì quello della discrezione e del buon consiglio.
Non si può affidare il compito di ricostruire a chi ha contribuito in vari modi a distruggere. L'esperienza degli errori potrà essere molto utile a chi viene dopo, ma è indispensabile lasciare ai giovani spazi importanti, non solo oggetto dell'attenzione dei più adulti, ma soprattutto soggetto protagonista e capace di innovazione e di responsabilità. Il mondo che verrà sarà un mondo totalmente nuovo e i vecchi schemi e i linguaggi desueti non potranno funzionare più.
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