A cosa serve la soglia di sbarramento del 5% che Zingaretti propone di inserire nella nuova futuribile legge elettorale? A rafforzare il sistema maggioritario, costringendo di fatto i partiti meno numericamente rappresentati o a una pura funzione di testimonianza o a confluire in quelli più grandi.
Questa visione da "tutti insieme appassionatamente" non corrisponde alla tradizione politica dell'Italia Repubblicana, fino agli anni '90 orgogliosa della propria caratteristica proporzionalista che se effettivamente costringeva a fragili trattative, aveva nello stesso tempo il pregio di valorizzare anche la "voce" dei più piccoli.
L'appello all'unità, che tanto sta a cuore a chi crede di essere superiore agli altri e teme un indebolimento dalla "concorrenza", ha un senso nelle forme elettorali maggioritarie a turno unico, come avviene nei Comuni sotto i 15000 abitanti. In questo caso, vincendo chi ha più voti, la divisione non può che essere un vantaggio per i potenziali avversari.
Non è così invece quando ci si trova in un "maggioritario" a doppio turno, dove invece diventa possibile offrire agli elettori il compito di scegliere chi inviare a un eventuale ballottaggio, fatta salva la lealtà nel rispetto di accordi fra diversi, pronti a concorrere ognuno per se stesso al primo giro, ma compatti nel turno di ballottaggio. In questo modo si ha un'ampia possibilità di scelta, consentendo a chi vota di orientarsi verso chi sente più affine e combattendo l'astensionismo di chi non si sentirebbe rappresentato da un candidato scelto a priori. Questa visione renderebbe del tutto inutili, anzi controproducenti, le cosiddette "primarie di coalizione", sostituite da un ben più democratico voto di scelta da parte degli elettori.
A livello nazionale il discorso non cambia molto. Il "maggioritario" costringe a scegliere indipendentemente dalle proprie convinzioni, tanto più con il sistema attuale che - contro ogni logica costituzionale - impedisce perfino la scelta dei singoli candidati. Un "proporzionale" convinto frammenterebbe solo in apparenza il parlamento, perché per la formazione dei governi costringerebbe in ogni caso a cercare degli accordi. Questo sarebbe chiaro fin dal principio, evitando le sorprese innaturali delle ultime legislature, quando i governi nati dopo campagne elettorali incentrate su una figura di premier e sulla presunta certezza di future alleanze, sono stati di fatto espressione della visione opposta a quella indicata dagli elettori.
La proposta da portare avanti è quindi quella di un proporzionale puro, tanto più dopo la (secondo chi scrive) sciagurata riduzione del numero dei parlamentari che, con un sistema a sbarramento, consentirebbe di staccare il biglietto alla Camera e al Senato quasi esclusivamente agli appartenenti ai quadri di pochissimi partiti. Il proporzionale affiderebbe invece solo al giudizio degli elettori la scelta di essere rappresentati in modo significativo, anche da chi appartiene alle formazioni quantitativamente meno forti o a settori della popolazione, culturalmente e linguisticamente connotati ma numericamente minoritari. Ovviamente è urgente eliminare qualsiasi forma di "listino" e ripristinare il voto di preferenza, ponendo uno sbarramento - questo sì - alle spese elettorali ammesse, sia per i partiti che per i singoli candidati, in modo da evitare quello che di fatto è accaduto finora, l'accesso ai luoghi decisionali riservato ai pochissimi che "se lo possono permettere"".
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