Come è diversa la situazione, rispetto a quella della scorsa primavera! I numeri del covid spaventano, in pochi giorni dalle lodi dei giornali britannici si è passati alla realtà di oltre 10.000 contagi. Se tali cifre non spaventano più di tanto, suscitano molte preoccupazioni i tanti ospedalizzati, le terapie intensive di nuovo a rischio di ingorgo, i decessi per o con covid.
Mentre sei mesi fa si attendevano i dpcm con ansia e ciascuno di essi suscitava fiumi di polemiche, ora prevale un pericoloso senso di indifferenza e di sfiducia, nei confronti di tutti coloro che un tempo erano i protagonisti. Ai proclami del Governo si guarda con ben poca attenzione, ogni Regione tenta una propria strada autonoma, i cosiddetti virologi si scontrano tra loro enfatizzando o minimizzando, gli imprenditori protestano quando vengono toccati dalle restrizioni e se ne fregano quando sono altri segmenti di società a essere penalizzati, i politici cercano - ormai senza molta convinzione - di dimostrare la "bravura" dei governanti o la loro assoluta incapacità.
Le cittadine e i cittadini sembrano più che mai esclusi da qualsiasi possibilità di partecipazione. Se si chiudono le scuole, si preparano ad affrontare a capo chino un tipo di vita familiare fino a un anno fa inimmaginabile. Se si chiudono i centri di cultura, hanno i media pronti a una nuova ondata di "servizi" ai neo-reclusi. Se sono costretti comunque ad andare al lavoro, affrontano i probabili attacchi del virus - sui treni e sugli autobus, nelle fabbriche e nei supermarket - con la rassegnazione di chi spera che non capiti proprio a lui e, se proprio deve capitare a lui, che la si sfanghi senza troppi danni.
La domanda su cosa si sia fatto in questi mesi per evitare ciò che sta accadendo viene relegata negli spazi ai confini della realtà e comunque lo sguardo allargato alle nazioni vicine e lontane consente di rendersi conto che non si è gli unici, anzi, rispetto al turno precedente, non si è poi troppo peggio degli altri.
Insomma, in queste condizioni non c'è da essere molto ottimisti, non tanto sul virus, che grazie alle centinaia di migliaia di tamponi dimostra il suo vero volto, fortemente contagioso ma per fortuna raramente letale. C'è da guardare con preoccupazione un popolo che si divide su quasi tutto, che sceglie i partiti, gli scienziati da ascoltare, le trasmissioni televisive, le gare sportive e le squadre per cui tifare come campi di battaglia per il momento virtuali sui quali esercitare la propria appartenenza maggioritaria. O con me o contro di me, in qualsiasi campo e su qualsiasi argomento.
E al fondo, in mezzo a questi dibattiti senza grandi acquisizioni, serpeggia la consapevolezza di essere nelle mani altrui, di non saper neppure definire o riconoscere qualche volto in questo generico "altrui", di non poter fare proprio nulla per cambiare questa situazione.
Una soluzione ci sarebbe, forse l'unica possibile, ma è davvero praticabile da tutti? Riportare la Cultura della comunione nella ricchezza della diversità al centro, come fondamento di ogni pensiero e azione autenticamente politici.
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