E' molto bella l'enciclica di Francesco, sottoscritta ieri ad Assisi. Tra i tanti interessanti e importanti motivi di riflessione, in questo contesto se ne sottolineano tre.
Il primo riguarda ovviamente la sororità e fraternità universali. Facciamo parte di un'unica umana famiglia e siamo interdipendenti, nessuno si può salvare da solo. Il ragionamento di Francesco è quindi semplice e complesso nello stesso istante. Se siamo un'unica famiglia, ogni persona è sorella, fratello, padre o madre di ogni altra. Da questa fondamentale consapevolezza dovrebbero scaturire i comportamenti individuali e le politiche sociali, dentro le difficoltà che ogni relazione comporta e che rende la traduzione del principio etico una difficile ma anche affascinante sfida.
Se è così, ecco la seconda sottolineatura. Nessuno ha la verità in tasca, ma ciascuno si deve confrontare con gli altri, anche a livello di ideologie e di religioni. La strada del dialogo interreligioso interpella tutti i membri delle diverse forme di fede, come pure le donne e gli uomini di buona volontà, che cercano la pace, l'uguaglianza di diritti, la giustizia e l'autentica unione nella diversità. Ognuno porta un proprio contributo e insieme si possono combattere le malattie ambientali, sociali e naturali che minacciano la sopravvivenza del genere umano.
Anzi, ed ecco un terzo punto, che viene trattato in forma non soltanto argomentativa ma anche poetica, sull'impronta dell'indimenticabile Cantico delle Creature di San Francesco. La tensione al sentirsi l'uno parte dell'altro non riguarda soltanto gli umani, ma anche gli animali, i vegetali e perfino i minerali. Si è parte di una totalità cosmica che ci permette di sentirci fratelli e sorelle dell'acqua, del sole, delle bestie selvatiche e domestiche, delle piante da giardino, anche del mistero "della morte corporale". La salvaguardia dell'ambiente vitale, in particolare della madre terra, fonda la propria giustificazione filosofica proprio in questa percezione della simbiosi universale.
Certo, sono spunti affascinanti, da integrare con i vari capitoli di questo corposo e avvincente documento. Rimane ancora una volta l'impressione di una proposta teoricamente straordinaria che se fosse attuata realizzerebbe sulla Terra una specie di agognato paradiso. E se la domanda inevitabile sul "come?" potrebbe essere elusa con la constatazione che un'enciclica è un documento etico e non immediatamente politico, il dubbio successivo riguarderebbe l'autorevolezza di chi offre un simile documento. E' il Capo della Chiesa Cattolica, dotato secondo il dogma del Concilio Vaticano I del "carisma dell'infallibilità" in materia di fede e di morale? Allora come sostenere la sostanziale identica vocazione di "portatrici della verità" per tutte le altre religioni o forme di pensiero, senza prima modificare il dettato dei dogmi del Vaticano I e delle prospettive pastorali in materia contenute nella Lumen Gentium del Vaticano II? E la sua - chi scrive ritiene del tutto sostenibile e condivisibile _ visione dell'interdipendenza universale, non si presta forse all'accusa di un velato panteismo o cedimento alla visione "circolare" delle filosofie orientali, mai guardate con particolare simpatia dai precedenti Vescovi di Roma? Ancora, è il Capo dello Stato Vaticano, con tutti gli interessi più o meno legittimi che esso porta nel mondo diplomatico, economico e finanziario? Questa sua posizione, non ancora messa seriamente in discussione, non rischia di vanificare il suo appello morale, dal momento che per primo il "suo" stato dovrebbe realizzare quei principi meravigliosi contenuti nel testo da lui ieri sottoscritto?
Quindi, è un gran bene regalare un documento così ricco, bello e profondo. Si auspica che esso acceleri un percorso di radicale trasformazione della Chiesa Cattolica, attraverso la rinuncia a ciò che la rende così enormemente potente in questo mondo e la riacquisizione di un'autorevolezza radicata proprio nella ritrovata originaria debolezza.
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