sabato 25 luglio 2020

Migranti vilipesi, testimonianze dalle vie del mare e della terra...

Il giornalista Nello Scavo
Schiavone, Scavo, Metz, Luchetta
Venerdì 24 luglio, nell'ambito del festival Lunatico di Trieste, si è parlato di migranti con l'aiuto di quattro persone, ciascuna di esse competente in un settore specifico della questione.
Introdotti da Daniela Luchetta, che ha presentato le ragioni dell'assegnazione dell'annuale premio giornalistico in ricordo del marito Marco, hanno parlato Alessandro Metz, Nello Scavo e Gianfranco Schiavone.
Il primo, armatore di Mediterranea, ha presentato le azioni di salvataggio in mare della nave Jonio, dialogando con il giornalista, ospitato per alcune settimane l'anno scorso a bordo, per documentare la ricerca, l'incontro e le persone salvate. E' davvero impressionante pensare che donne e uomini che perlustrano le acque internazionali per intercettare i gommoni carichi di esseri umani alla deriva, possano essere destinatari di accuse d'ogni tipo. Barche che ospitano migranti altrimenti destinati a morte certa, vengono sequestrate dopo aver costretto profughi ed equipaggi ad attese snervanti e assai pericolose. Impedire a chi va per mare di salvare i propri simili è un crimine del quale un giorno tutti saremo chiamati a rendere conto, tenuto conto delle decine di migliaia di cadaveri sepolti nella tomba azzurra del Mediterraneo e delle migliaia che perdono la vita nella cosiddetta rotta balcanica.
Di questa ha parlato uno dei più competenti giuristi italiani, Gianfranco Schiavone, che ha proposto alcune similitudini e differenze tra la situazione creatasi davanti alle coste della Libia e quella relativa ai confini tra Turchia e Grecia, tra Grecia e Macedonia e poi Bosnia, tra Croazia e Bosnia, tra Slovenia e Croazia e infine.,. clamorosamente tra Italia e Slovenia. Il fatto nuovo che si è verificato negli ultimi mesi è stato il fenomeno delle "riammissioni" dei richiedenti asilo giunti sul territorio italiano, in realtà "respinti" in Slovenia. La ministro Lamorgese ha voluto vantare come un successo il funzionamento di tale sistema che non trova alcun fondamento nelle attuali legislazioni europee. Chi arriva, dopo aver affrontato disagi di ogni sorta, oltre l'ultimo agognato confine, viene riaccompagnato senza troppi complimenti dall'altra parte. Dalla Slovenia una corriera riporta i malcapitati in Croazia, da dove - dopo torture, botte e maltrattamenti a volontà - vengono rispediti al punto di partenza, nella zona di Bihac ormai in gionocchio per la presenza di decine di migliaia di persone disperate. E' incredibile e inaccettabile. Se ciò che accade in Libia dipende da sciagurati accordi del passato che la politica "della discontinuità" tarda a cancellare, la teoria delle riammissioni in Slovenia è stata inventata da questo governo, che ne diventa non solo complice ma anche iniziatore.
Gli interventi di Metz e Schiavone hanno ampliato l'avvincente riflessione del giornalista di Avvenire Nello Scavo, premio Luchetta 2020, senz'altro il rappresentante della stampa più esposto nell'ambito della ricerca della verità sui traffici di persone tra Libia e Italia e non solo. Il suo racconto è partito dalla storia del piccolo "Simba", trasferito da una nave all'altra, dalle braccia dei soccorritori a quelle dei membri della Guardia Costiera italiana in una notte di vento e onde altissime della scorsa estate. Scavo ha evidenziato i punti di incongruità tra la produzione e vendita d'armi italiane a Paesi in guerra e modifica delle rotte dei profughi verso l'Europa. Ha poi raccontato l'assurdità di decisioni come il rifinanziamento della cosiddetta guardia costiera libica da parte del Parlamento italiano, nonostante tutti i reportage che dimostrano l'attività gravemente illegale e disumana che viene svolta da molti suoi rappresentanti. Lo Stato finanzia i capi libici e nel contempo investe soldi per dare una scorta al giornalista che più di ogni altro ha saputo scoprire e manifestare la verità sui loro traffici e sui loro rapporti anche con realtà istituzionali italiane.
Serate del genere non servono solo ad ampliare gli orizzonti di chi ha la fortuna di poter partecipare, sono anche una dimostrazione di come sia possibile iniziare a mettere in discussione un'ingiustizia sistemica grazie al coraggio di chi fa fino in fondo il proprio dovere, al servizio dell'umanità, nel caso specifico nobilitando il ruolo dell'armatore navale, del giurista e del giornalista d'inchiest 

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