I decreti (in)sicurezza di salviniana memoria, primi provvedimenti da cancellare dalla nutrita lista dello scorso agosto, sono ancora lì e si parla di una "modifica", non certo di "abrogazione". Il decreto rilancio, approvato ieri dalla Camera, contiene norme che non consentiranno la regolarizzazione di decine di migliaia di lavoratori stranieri in Italia, nonostante il pressing degli Stati popolari. La guardia costiera libica è stata rifinanziata, nonostante le certezze riguardanti i campi di concentramento, documentati da giornalisti coraggiosi e indipendenti come Nello Scavo e tanti altri. Il ministro degli esteri proclama la necessità di vendere armi all'Egitto e di non ritirare l'ambasciatore, non ottenendo niente dalla controparte, né un barlume in più di verità e giustizia per Giulio Regeni e neppure il minimo sindacale dell'immediata liberazione del povero Patrick Zaky. La ministra dell'interno da parte sua afferma che la rotta balcanica "non desta preoccupazioni" dal momento che funziona bene il sistema delle riammissioni (da tradurre con respingimenti, o meglio deportazioni in Slovenia, Croazia e infine Bosnia, con aggiunta di botte e violenze di ogni sorta). Si potrebbe continuare a lungo, ma la domanda sorge spontanea: il timore che "torni l'orco" giustifica l'appoggio incondizionato a un governo del genere? Tanto più che i voti che se ne stanno andando dalla Lega non vanno certo in una direzione opposta. L'innominabile non viene abbandonato perché troppo a destra, ma perché la gente vede che nessuna delle sue minacciose promesse è stata mai realizzata e con lui non lo sarà mai. Anzi, in queste condizioni, perfino la protesta popolare è soffocata dal timore di disturbare il manovratore. E così il governo sedicente dio centro sinistra riesce a evitare di essere sottoposto al fuoco di fila di opposizioni serie e davvero molto motivate, che in molti altri paesi europei scendono in piazza, non contro le misure anticoronavirus, ma contro l'incapacità dei governi di gestire il "dopo" in modo costruttivo e consono ai diritti di tutti, soprattutto dei più deboli e indifesi. In fin dei conti, è meglio un governo timido e impaurito che impedisce di fatto una sollevazione popolare o uno dichiaratamente di destra che riempirebbe di nuovo le piazze di contestatori preparati, convinti e motivati? Non sarà un passaggio necessario, quello assembleare, per ridare respiro a una comunque irrinunciabile democrazia rappresentativa in evidente difficoltà?
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