lunedì 1 maggio 2023

Primo maggio, considerazioni su lavoro e pace

Un primo maggio a Torino (repertorio personale)
 Che cosa si può dire il Primo maggio che non sia già stato detto? Come superare il livello di una retorica che, anno dopo anno, sembra sfiorare il dejà vu?

Improvvisamente, dopo anni di crisi occupazionale, si scopre che manca la mano d'opera. Ovunque, là dove fino a qualche tempo fa si entrava sommessamente, con il cappello in mano, certi di essere liquidati con un gentile "lasci il suo curriculum, appena possibile la chiamiamo noi", ora campeggiano i cartelli "cercasi personale".

Perché questo cambiamento di paradigma? Perché perfino un governo di destra sembra incline ad aumentare il numero degli immigrati riaprendo la strada dei "flussi" da molti anni tanto vituperata? Perché gli appelli sembrano essere disertati da tutti, soprattutto dai giovani?

I motivi sono molti, ma uno dei più richiamati, a volte purtroppo stigmatizzati, è quello relativo al basso salario che attende chi entra nel mondo del lavoro o chi cerca di raggiungere l'Europa per poter trovare i mezzi per sopravvivere insieme alla propria famiglia. L'impressione è che ci sia una crescita esponenziale dell'arricchimento dei "grandi" datori di lavoro, a scapito di un impoverimento progressivo delle piccole aziende e dei piccoli esercizi. I governi sembrano - con convinzione o "obtorto collo" - sostenere questa operazione di scavo che allontana sempre più clamorosamente i pochissimi straricchi dall'esercito immenso dei poveri e degli strapoveri.

Uno degli esempi più inquietanti viene da una delle industrie più fiorenti in Italia, quella delle armi. I proventi di tale macabro mercato sono giganteschi, non solo nella nostra Nazione e i sistemi di corruzione connessi a questa attività sono spaventosi. Si esportano armi in Paesi dittatoriali, in Nazioni come l'Egitto che rifiuta sistematicamente la "libertà e giustizia per Giulio Regeni", in Stati impegnati in tremende guerre fratricide, come quella in corso nello Yemen. E si sostiene che l'invio delle armi in Ucraina è solo una forma di sostegno alla resistenza antirussa e non invece un gigantesco affare per i commercianti - legalizzati o meno - degli armamenti.

Sarebbe interessante ascoltare qualche politico su questi temi, sentire qualche denuncia o qualche sia pur timido segnale di cambiamento di rotta. Sarebbe interessante sentire con convinzione quali leggi e regolamenti vengano pensati e promulgati per combattere la mafia, la corruzione imperante. E sarebbe molto interessante che al primo posto, a tutti i livelli, sia presentata la necessaria equa distribuzione delle ricchezze, l'aumento dei salari, la sicurezza e la dignità del lavoro, la lotta a qualsiasi forma di schiavitù.

Al di là delle parole, esistono politici, imprenditori, commercianti che non hanno il benché minimo scrupolo ad arricchirsi, producendo e vendendo strumenti che seminano morte e distruzione, lucrando sulla sofferenza di soldati e civili, fregandosi le mani - e forse anche facendo di tutto perché sia così - di fronte al perdurare di conflitti che si potrebbero facilmente concludere con un'appassionata trattativa.

Sì, neanche queste parole sono molto originali. Forse possono essere interpretate come un appello alle categorie lavorative e ai loro rappresentanti. Fino a quando non si parlerà di tutto ciò - mafia, corruzione, interessi da produzione e vendita d'armi, redistribuzione delle ricchezze, aumento dei salari, settimana lavorativa a misura d'uomo, servizi sociali di qualità, democrazia reale, ecc. - il Primo maggio resterà un contenitore vuoto, da alcuni anni anche una vetrina prestigiosa, per talenti musicali e teatrali già affermati o in via di affermazione. Non è la Giornata di ogni essere umano che umilmente cerca di sbarcare il lunario della propria vita, ma ancora una volta dei pochi "VIP" (orrenda espressione che stabilisce la distinzione tra persone "molto importanti" e poveri plebei) che dalle loro Ferrari salgono osannati sui palchi allestiti per loro.

1 commento:

  1. ..."L'impressione è che ci sia una crescita esponenziale dell'arricchimento dei "grandi" datori di lavoro, a scapito di un impoverimento progressivo delle piccole aziende e dei piccoli esercizi." Questa non è solo un'impressione, è la concreta realtà. Inoltre oggi manca anche lo spirito di aggregazione tra i poveri e così, ognuno si ritrova da solo e scoraggiato a combattere contro l'ingiustizia sociale e si accontenta del poco che gli propina l'assistenza dei vari Istituti o vari Enti.

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