mercoledì 10 maggio 2023

I cento anni di don Milani. La mia "prima volta" a Barbiana

Alla fine di questo mese si ricorderanno i 100 anni dalla nascita di don Lorenzo Milani, avvenuta il 27 maggio 1923.

La mia "prima volta" a Barbiana fu il 2 maggio 1978. Era un giorno pieno di nebbia. La strada da Vicchio era un tratturo, appena transitabile con difficoltà. A un certo punto si interrompeva e occorreva proseguire a piedi. Un po' il tempo, un po' la realtà delle cose, non si vedeva nessuna casa intorno. L'ultimo chilometro era di fatto un sentiero scavato su un costone di terra franato e all'improvviso...

...Ecco la canonica, con il tozzo campanile della chiesa di Sant'Andrea. Il silenzio era interrotto dal canto degli uccelli, naturalmente tutto era chiuso ma dalla fessure nelle porte si poteva intravvedere la stanza - scuola dove ogni giorno - 365 giorni all'anno - il priore riceveva le decine di bambini che, camminando anche per due ore, raggiungevano il luogo e imparavano a leggere, a scrivere e a diventare uomini liberi. C'era anche una buca intonacata, la piscina dove si doveva scoprire come salvare le persone, nel caso ci si fosse trovati in una situazione di naufragio.

Avevo voluto conoscere i luoghi che mi avevano entusiasmato leggendo. Dalla Lettera a una professoressa all'Obbedienza non è più una virtù, dai magnifici epistolari alle Esperienze pastorali, avevo l'impressione di una rivoluzione in corso, di un seme gettato nella chiesa, nella scuola e nella società che - presagivo in quei tempi - avrebbe modificato per sempre il modo di vivere individuale e collettivo. La monumentale biografia scritta da Neera Fallaci aveva consentito di tracciare la cornice esistenziale nella quale si inserivano i passi di don Lorenzo, dalla vita in famiglia all'inattesa scelta del Seminario, dai primi ma già straordinari passi a San Donato a Calenzano all'incredibile trasferimento a Barbiana.

Mentre scendevo sull'erba bagnata verso il cimitero sottostante, per un pensiero sulla tomba del parroco, pensavo a questa figura, una delle menti più brillanti del XX secolo italiano, confinato in un "fuori dal mondo" accentuato dalla nebbia, dalla quale emergevano ogni tanto sparuti alberi contorti. Un vescovo incapace di intendere e volere, il friulano Ermenegildo Florit, lo aveva spedito su una montagna del Mugello, una parrocchia costituita da case solitarie sparse per chilometri e chilometri, una solitudine abissale. Chi avrebbe potuto resistere in una situazione del genere? E chi avrebbe portato fino a questo estremo l'obbedienza alla guida formale della diocesi, se non colui che avrebbe demolito per sempre la "virtù" di un'obbedienza alle autorità svincolata da quella, fondamentale, alla propria coscienza?

Don Lorenzo Milani è riuscito in questa impresa, non senza una profonda sofferenza interiore che gli ha minato la salute fino a condurlo alla morte, a soli 44 anni, il 26 giugno 1967.

In quel giorno del 1978 la casa quasi diroccata, evanescente in un mattino piovoso di primavera, la frana che interrompeva la strada, l'aula scolastica con la scritta I care appena percepibile dalle fessure che rompevano il legno, tutto ma proprio tutto raccontava la storia straordinaria di un prete destinato a cambiare la storia, seme che muore per portare molto frutto. Solo pochi avevano letto i suoi scritti, se lo si nominava, pochissimi asserivano di averne sentito parlare. E se si parlava di lui, ancora molti esponenti della chiesa storcevano il naso, mettevano in guardia, cercavano di sconsigliare, di criticare, di censurare...

Poi tutto è cambiato e ora don Lorenzo Milani viene considerato unanimemente un profeta, un Maestro con la M maiuscola, un genio delle relazioni, un punto di riferimento indiscutibile. Le strade sono state da lungo tempo sistemate, la casa canonica restaurato e abbellita, Barbiana è diventata meta di pellegrinaggi continui, Papa Francesco è arrivato in elicottero a rendere omaggio a colui che era stato ignominiosamente cacciato da una parrocchia solo perché voleva educare la gente alla libertà di coscienza e di parola. A fine mese è atteso il presidente Mattarella, insieme a migliaia e migliaia di persone che hanno letto, studiato, amato la storia di questo prete. Forse sarà perfino canonizzato e il suo nome sarà inserito tra i "grandi" della Chiesa che attraverso l'inferno dell'incomprensione e dell'emarginazione sono poi stati innalzati - dopo la morte - al paradiso della riabilitazione e dell'entusiasmo. Spesso la canonizzazione è un formidabile strumento per soffocare l'urlo inquietante di giustizia e verità del Profeta inascoltato.

Per questo forse io non dimenticherò mai la forza dirompente, l'energia travolgente di un luogo immerso nella nebbia e nel silenzio, il tratturo interrotto da una montagna d'argilla da scalare, la tomba scavata tra i più poveri dei poveri, il canto degli uccelli che sembrava annunciare una speranza - o forse una potente illusione - di straordinaria novità.

1 commento:

  1. Per me da molto tempo un esempio da seguire e ora più che mai, uno dei pochi fari ancora che portano luce dove l'ombra cerca di oscurare libertà di insegnamento e intenti propositivi che magari si discostano dalla strada maestra lastricata da burocrazie inutili e a volte discriminanti.

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