Il Kulturni dom, in via Brass 20 a Gorizia |
...correva l'anno 2001. E' difficile dimenticarlo, il 19 luglio ero a Roma, insieme al prof. Alberto Gasperini, allora direttore dell'ISIG. Abbiamo incontrato un rappresentante della Segreteria di Stato vaticana e poi siano stati ricevuti da Giulio Andreotti, nel suo studio di senatore a vita. Avevamo poi incontrato due referenti del mondo accademico israeliano e palestinese. L'idea era quella di organizzare un convegno internazionale a Gorizia sulle "città divise" e si pensava a Roma/Città del Vaticano, Gerusalemme/Gerusalemme est, Nicosia e naturalmente Nova Gorica/Gorizia. Era in corso a Genova il famoso tragico G8 e la mattina del 20 ero letteralmente volato con la mia pandina in Liguria, in tempo per assistere alla feroce repressione delle manifestazioni no global, a due passi dalla piazza Alimonda che per molti di noi da allora è stata ribattezzata Piazza Carlo Giuliani.
Quale era l'obiettivo?
Quello di accelerare il processo di trasformazione del territorio goriziano in laboratorio di giustizia e di pace, in termini molto concreti e non soltanto come un piacevole slogan.
Del resto, non è un caso che a Gorizia sia stata realizzata una prestigiosa facoltà di scienze diplomatiche in seno all'Università di Trieste e di scienze internazionali presso l'Università di Udine. Anche le facoltà presenti a Nova Gorica sottolineano da sempre l'indirizzo internazionale, come pure gli istituti di ricerca territoriali, tra i quali l'Istituto di Sociologia Internazionale (ISIG), gli Incontri Culturali Mitteleuropei (ICM) e tanti altri enti storici, sociologici e culturali.
In tali ambiti, senza che le città sul confine dessero segnale di conoscenza e consapevolezza, transitarono negli anni '90 importanti personaggi della politica planetaria, tra i quali Michail Gorbačev ed Eduard Shevarnadze, solo per fare due nomi. Soprattutto, in quel periodo, la zona era considerata ideale per favorire i primi scambi diplomatici fra negoziatori di paesi belligeranti. Si tratta dei primi passi che sono necessari per preparare i documenti da trasmettere ai livelli successivi, fino alla fase finale con la firma e la stretta di mano ufficiali, queste ultime sì, in luoghi ben più noti e con ampia pubblicità mediatica.
La prospettiva indicata insieme ad Alberto Gasperini era quella di un rilancio convinto di tale "vocazione" delle due città di confine, là dove la definitiva abolizione della rete confinaria che ancora non era stata smantellata, avrebbe reso possibile non solo logisticamente, ma anche simbolicamente, la realizzazione di tale progetto.
In sintesi, la case dello studente/djaški dom di Nova Gorica e Gorizia, come pure i numerosi istituti religiosi e conventi disseminati dai centri città a Sveta Gora, da Miren a Kostanjevica, come pure gli spazi delle comunità protestante e anche di quella musulmana, le caserme quasi totalmente dismesse, sarebbero tuttora tanti luoghi ideali per ospitare delegazioni, anche numerose, di Paesi belligeranti. La particolare configurazione di "zona di (ex) confine" potrebbe permettere di organizzare, oltre ai momenti assembleari e agli indispensabili colloqui individuali, anche gite turistiche, facendo conoscere tragici siti di guerra, ma soprattutto testimonianze di una pluridecennale ricostruzione di relazioni e rapporti di pace. La visione delle bellezze paesaggistiche e la degustazione dei prodotti tipici enogastronomici potrebbero inoltre creare il contorno ideale per iniziare sguardi reciproci improntati, dalla diffidenza all'inizio della collaborazione.
In questo senso la/le città potrebbero essere il luogo ideale per realizzare anche il centro internazionale di addestramento dei Corpi Civili di Pace europei. Giovani di tutta Europa potrebbero trovare alloggio e permanenza a Nova Gorica e Gorizia, studiare presso le facoltà locali, vivere esperienze di conoscenza reciproca e costruzione insieme, percorrere avventurosamente durante l'estate i sentieri collegati alla splendida e interessantissima "Pot miru, via della pace", dal passo Predil a Trieste. Potrebbero, in poche parole, diventare un vero "esercito senza armi", da inviare, professionalmente e non come volontari, in zone di guerra per accompagnare i processi di pacificazione, sostenere le popolazioni colpite dalla guerra, intervenire, fin dove possibile, negli spazi della comunicazione per proporre il metodo nonviolento come alternativa credibile e sostenibile all'uso della forza armata.
Nova Gorica/Gorizia, capitale europea della Cultura nel 2025. Potrebbe essere contestualmente anche l'inizio della "capitale europea dei processi di pacificazione e della nonviolenza attiva"?
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