Se il secondo, psichiatra di professione, ha sottolineato temi collegati soprattutto al rapporto tra individuo e società, il primo, storico medievale, ha illustrato alcune figure più specificamente chiamate proprio "santi folli", vissuti nella seconda parte del primo millennio in condizioni ai confini tra spiritualità e pazzia.
In realtà, il tema è quanto mai attuale. Chi è il santo? Chi è il folle? Ed è importante che tali interrogativi si pongano proprio nel parco goriziano dove Basaglia ha avviato il suo tentativo di liberazione delle persone con problematiche mentali da quel carcere peggiore del carcere che si chiamava manicomio.
"Visto da vicino, nessuno è normale", diceva, considerato in fondo a sua volta un santo folle. E chi è il matto? Quello rinchiuso dentro un recinto da una società che non lo sa accogliere oppure tutti coloro che stanno "fuori" e non si accorgono della propria venefica assuefazione ai criteri dettati dal potere politico e culturale?
Di fatto, nella storia della spiritualità, non soltanto cristiana, il santo, mentre è in vita, non è quasi mai considerato tale. Meno che meno egli stesso si definisce "santo", essendo naturalmente incline a contestare, esplicitamente o implicitamente, una forma o un sistema di vita imposto dalle regole comuni del vivere sociale. Il santo, mentre è in vita, è in realtà uno scomodo carismatico che mette in discussione le certezze dell'istituzione, la quale inevitabilmente lo deride, lo emargina, quando non lo perseguita senza pietà.
Dopo la morte, quando la carica rivoluzionaria insita nella follia dell'uomo spirituale è ancora forte, l'istituzione ha un formidabile strumento per disinnescarla. In ambito cattolico si chiama canonizzazione. La follia santa viene innalzata sugli altari, quasi crocefissa e resa in questo modo troppo lontana dall'ordinaria esistenza per influire ancora, per mobilitare le coscienze. L'istituzione se la cava con poco e il profeta ritenuto un pericoloso soggetto da tacitare si trasforma in modello ed esempio da seguire. Ma non è più lui, bensì la maschera con la quale viene ricoperto per impedire la contaminazione e la rivelazione della verità.
Santi folli, dunque e folli santi. Forse non si tratta di persone eccezionali, di figure inaccessibili dalle quali tenersi possibilmente alla larga. Forse si tratta semplicemente di coloro che, come direbbe Soren Kierkegaard, hanno voluto essere disperatamente sé stesse e ci sono riuscite. A differenza della stragrande maggioranza che non ha neppure immaginato di provarci e che si è imprigionata da sola nella spirale noiosa e ottusa del conformismo, dell'obbedienza acritica, della coscienza obnubilata. Ha accettato l'imposizione del Potere che da nulla si sente minacciato quanto dalla forza creativa che scaturisce da una Libertà vissuta. Nella santità e/o nella follia, appunto.
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