mercoledì 30 giugno 2021

Abbandono di rifiuti ed esproprio paesaggistico

Abbandono di rifiuti, terreno privato, pubblico paesaggio 
Oltre alla questione del consumo del suolo, che ha trasformato una parte cospicua di Veneto e Friuli Venezia Giulia in distese di cemento e asfalto al servizio di mega centri commerciali e di fragili zone industriali, c'è in ballo il presente e il futuro di centinaia di capannoni che "ospitano" i residui di un tempo che fu.

Non passa giorno senza la segnalazione di un gigantesco abbandono di rifiuti, "scoperto" in qualche fabbrica dismessa. Normalmente non si tratta, almeno a prima vista, di materiali inquinanti che imporrebbero interventi immediati da parte dei responsabili sanitari e degli enti pubblici. Sono invece distese di plastiche, di carta, di materiali inerti di ogni tipo, di metalli, lasciati a marcire da un fallimento dopo l'altro, con grave detrimento per il paesaggio e preoccupazione per gli abitanti delle zone circostanti.

Cosa si deve fare? L'iter normale, a seguito della segnalazione della guardia Forestale o di chi per lei, è quello dell'ingiunzione, da parte dell'ente pubblico competente, di intervento da parte dei proprietari che in tempi ragionevoli dovrebbero provvedere alla rimozione dei rifiuti.

Semplice vero?

No, non è per niente semplice e questo spiega non solo la moltiplicazione di simili siti, ma anche il senso di impotenza che attanaglia gli amministratori quando si trovano di fronte a questa tipologia di problemi.

Prima di tutto, è ordinariamente quasi impossibile risalire agli autentici proprietari, dal momento che una catena di passaggi da ditta a ditta, da azienda ad azienda, da società a società fa sì che il malcapitato sito risulti "gestito" da persone o sigle assolutamente non riconoscibili, quasi sempre disperse nei meandri dell'Europa o del Mondo. Non si può procedere neppure nei confronti di eventuali curatori fallimentari, i quali - così numerose sentenze del tar - non possono essere identificati come i destinatari degli "avvisi".

Se non si trovano i proprietari, in assenza di un pericolo conclamato, non c'è nessuno a cui indirizzare le ordinanze di sgombero. Anzi, non c'è neppure nessuno che possa autorizzare un sopralluogo, se non altro per quantificare i costi (molto elevati!) che potrebbero essere necessari per completare l'opera e restituire lo spazio e il paesaggio ai cittadini. 

Dunque, in pratica, senza reperimento dei proprietari non si può fare proprio nulla, neppure cercarli, dal momento che gli organi del Comune non hanno la possibilità di svolgere attività di polizia giudiziaria. certo, possono chiedere l'intervento e la ricerca da parte degli organi di tutela ambientale, rstituendo così la palla a chi aveva iniziato la partita, segnalando l'illecito.

Se per un caso fortuito fosse possibile risalire a dei concreti proprietari, in carne e ossa, non è affatto detto, anzi è molto improbabile, che essi si impegnino nella costosa ripulitura oppure in un secondo momento a risarcire il danno, nel caso di un intervento diretto da parte dell'Ente Locale a ciò obbligato. Così, oltre al danno di essere costretto a un investimento tale da dilapidare le sue risorse, senza contributi pubblici dal momento che l'intervento si svolge su terreno privato, il Comune o chi per lui (cioè in altre parole la collettività) subisce la beffa di non entrare neppure in possesso del terreno eventualmente liberato dai rifiuti, potendolo trasformare in parco giochi o in altra opera al servizio della Comunità.

Insomma, la normativa attuale è troppo complessa e vincolante. Ciò accade perché essa è no riconosce un'elementare verità: il terreno sarà pure privato, ma il paesaggio è pubblico, appartiene a tutti, nessuno escluso. Il paesaggio è un bene comune e come tale deve essere garantito, custodito e tutelato. nel caso degli abbandoni sempre più frequenti di rifiuti deve essere esplicitamente garantito l'"esproprio paesaggistico", nei confronti di chi non è in grado di mantenere a posto le proprie strutture. Non potendo individuare fisicamente dei proprietari, l'ente locale deve entrare in possesso dell'area. Certo, spetterà a esso l'onere della ripulitura e della sistemazione, ma ci saranno i vantaggi del possibile accesso a contributi pubblici statali e regionali, come pure, soprattutto, dell'acquisizione della proprietà dell'area che potrebbe quindi essere dedicata al benessere degli abitanti.

Senza una legislazione adeguata, non c'è scampo, il territorio sarà sempre più costellato da cattedrali nel deserto e non avrà senso il rituale (peraltro effimero) stracciamento di vesti seguito a ogni ritrovamento.  

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