Per la verità non mancano ottimi testi storico-scientifici i quali, sfuggendo a una crescente censura da parte di una pseudopolitica implicitamente neofascista, consentono a chi lo desidera di colmare tale lacuna.
Tuttavia è emozionante leggere gli stessi avvenimenti raccontati da una persona che ha letteralmente donato la propria vita per difendere i più elementari diritti del proprio popolo. Dopo il Trattato di Rapallo e l'incongrua assegnazione all'Italia di territori che nessuno aveva mai rivendicato in precedenza, nel territorio della Primorska slovena e dell'Istria croata si assiste a una progressiva opera di violenta italianizzazione che culmina con l'instaurazione e il consolidamento del regime fascista di Benito Mussolini.
Le memorie di Jelinčič e i frammenti del suo diario consentono di comprendere le radici profonde di una ribellione che ha trovato la sua più organizzata espressione nel movimento TIGR, acronimo di Trst Istra Gorica Reka. Leggendo il testo, si è condotti nelle anguste stanze delle case goriziane o triestine, oppure nei più ameni e difficilmente raggiungibili villaggi delle valli dell'Isonzo e del Vipacco. Lì, intellettuali e operai, giovani e meno giovani, discutono sulle azioni da svolgere per richiamare al mondo la sofferenza del popolo oppresso, si confrontano sui sistemi sociali unendo le istanze del comunismo a quelle del cristianesimo sociale, studiano percorsi di liberazione ed emancipazione sociale della donne e degli uomini, attraverso la salvaguardia della lingua, della cultura e della dignità personale.
Jelinčič e i suoi compagni prendono posizione, contestano l'inconsapevole incoscienza dei tiepidi, organizzano moti eclatanti preoccupandosi di seminare meno dolore possibile. La loro azione è efficace e convincente, al punto da suscitare la reazione violenta dei fascisti. Si moltiplicano i rozzi atti di intimidazione, vergogna per un'Italia che l'autore stesso non esita a definire patria di grandi artisti e letterati. Si celebrano i primi processi e vengono eseguite le prime condanne. A Basovizza vengono fucilati alcuni dei protagonisti di questa drammatica stagione, altri saranno costretti al carcere e all'internamento, in diverse parti del regno d'Italia, privato degli affetti familiari e costretti a condizioni di vita ai limiti della possibilità di sopravvivenza.
L'autore torna dalla prigione solo nel 1943, dopo la caduta di Mussolini e si mette a disposizione del fronte di liberazione nazionale jugoslavo. La sua salute, ben temprata dalla montagna e dai fiumi della Primorska, è ormai vacillante e gli consentirà soltanto ancora di vivere una ventina d'anni, tra il 1945 e il 1965, l'ultimo dei quali dedicato alla stesura, su quaderni scolastici, delle memorie, pubblicate in sloveno per la prima volta nel 1994 e ora, finalmente, anche in lingua italiana.
Insomma, è un libro da leggere, una fonte di nozioni importanti, anche grazie all'ottima introduzione storica di Milica Kacin Wohinz che disegna con brevi ma precisi tratti il contesto. E' una sorgente di intense emozioni, sottolineate anche dalla duplice prefazione del figlio Dušan e della sorella Rada. E' uno strumento importante per comprendere come gli eventi del Novecento nel cosiddetto confine orientale d'Italia (o occidentale della Slovenia) debbano essere eletti nel loro insieme, trovando la loro radice venefica e portatrice di tanto dolore nei trattati del primo dopoguerra e soprattutto nella crescita dei nazionalismi e delle ideologie fascista e nazista.
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