domenica 6 giugno 2021

Tra primo e secondo turno: suggestioni elettorali

Si stanno avvicinando le elezioni in molti importanti Comuni italiani. Tralasciando per il momento le piccole realtà, dove il sistema elettorale maggioritario implica necessariamente accordi previ e coalizioni da subito molto forti, ci si può soffermare maggiormente sul sistema a doppio turno che caratterizza i centri abitati con più di 15mila abitanti.

In questo caso, le possibilità sono due. 

La prima è quella di costituire da subito un'ampia aggregazione tra coloro che si riconoscono in una visione almeno orientativamente condivisa sul piano ideologico, programmatico e strategico. Ciò presuppone una lunga costruzione di relazioni che può portare alla formazione di una o più liste a sostegno di un unico candidato sindaco. Il vantaggio evidente è quello di offrire maggiore forza alla proposta, oltre che naturalmente maggiore "manodopera" in vista della campagna elettorale. Lo svantaggio - certamente meno netto - sta nell'esclusione di elettori che non riconoscendosi nell'una o nell'altra delle forze in campo preferirebbero l'astensione. In ogni caso, l'obiettivo finale potrebbe essere raggiunto con un tavolo di confronto che dovrebbe necessariamente essere molto chiaro, in grado di accogliere gli spunti specifici di ciascuno, pur presupponendo anche la disponibilità a rinunciare a una parte della propria posizione. 

La seconda è quella di trasformare il primo turno elettorale in una sorta di quelle che fino a non molto tempo fa si chiamavano le "primarie". Mentre queste ultime erano riservate soltanto a poche persone, più impegnate nei partiti e nei gruppi politici, il primo turno elettorale consente a tutte e tutti di scegliere democraticamente chi inviare al ballottaggio. Vantaggi e svantaggi sono speculari alla prima ipotesi. Lo svantaggio sta nell'aver meno forza di convinzione e nel dover in qualche modo "combattere" non solo contro lo schieramento opposto, ma anche contro realtà idealmente più vicine. Il vantaggio sta nell'offrire all'elettore incerto più possibilità, sul piano politico attraverso la proposizione dei tradizionali simboli di partito o su quello antipartitico, offrendo anche programmi e persone precedentemente svincolate da appartenenze ed esperienze pregresse. In effetti, pur essendo un periodo nel quale è evidente la crisi delle ideologie, c'è ancora chi ritiene necessario non rinunciare a un proprio simbolo, espressione di una visione anche culturale della società e più in generale di una "concezione del mondo".

In altre parole, nel primo caso è necessario premettere un lungo, faticoso, ma interessante e indispensabile lavoro di tessitura tra situazioni e posizioni molto diverse fra loro che devono convergere, in modo paritetico, sull'unico simbolo. Nel secondo caso  è invece da presupporre un accordo previo sul sostegno al secondo turno elettorale, dove ovviamente il prescelto e il suo gruppo avranno una posizione più esposta rispetto a quella degli altri candidati e gruppi che peraltro dovranno trovare una rappresentanza programmatica e personale, senza la quale non potrebbe esserci sostegno nel ballottaggio.

Quale delle due vie è la migliore? Entrambe sono valide ed efficaci, l'unico modo per scegliere è creare una struttura di riferimento, con rappresentanti scelti in un'assemblea generale con votazione da ogni forza partitica e/o politica. Essi, in contatto stretto con la loro base, cercheranno una risposta alla domanda, confrontandosi con la situazione concreta nella quale si è chiamati al voto, con le reali possibilità di un'interlocuzione costruttiva e con le eventuali legittime preclusioni od opposizioni degli uni e degli altri.

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