lunedì 28 giugno 2021

L'Italia del pallone inciampa sul razzismo

Il calcio italiano sembra impazzito. Dopo aver scalato l'Olimpo mediatico infilando tre vittorie consecutive nella fase a gironi del campionato europeo, la Nazionale approda di quarti di finale con molta fatica, dopo i tempi supplementari, mentre l'avversaria di turno, l'Austria, deve "risalire le valli che aveva disceso con orgogliosa sicurezza".  

Ma a tenere banco non sono in questi giorni le imprese sportive, bensì una questione molto seria, letteralmente ridicolizzata dal balletto di contradittorie comunicazioni, improvvisato da Uefa, FGCI e calciatori singoli e nel loro insieme.

Si tratta dell'adesione alla particolare protesta del movimento BLACK LIVES MATTER, letteralmente "Le vite nere contano", consistente nel genuflettere pubblicamente, non per esprimere una preghiera ma per stigmatizzare il terribile atto con il quale un poliziotto USA ha ucciso il giovane George Floyd. Alcune équipe hanno deciso di condividere il segno in ogni occasione, come per esempio la squadra del Belgio, prendendo atto dell'importanza di "utilizzare" una simile scena internazionale per sensibilizzare gli spettatori sull'importanza di una concreta e sistematica azione contro il razzismo. Altre hanno espresso dissenso, ritenendo di non creare commistioni tra sport e politica. C'è anche chi ha lasciato la libertà di decidere a ciascuno dei calciatori, senza dare particolari indicazioni ufficiali.

Gli italiani si sono distinti per una sconcertante confusione. 

Nelle prime due partite, il problema non si è posto perché Turchia e Svizzera, come l'Italia, hanno semplicemente ignorato la protesta. I giocatori del Galles si sono invece inginocchiati, tutti. Gli italiani, confusi e impreparati, hanno agito "di cuore" o forse "di imitazione". Cinque hanno abbassato il ginocchio sul prato, gli altri li hanno guardati sorpresi e incerti sul da farsi.

Che fare con l'Austria? "Ognuno faccia come crede", "No, meglio non fare", "Aspettiamo, sentiamo prima cosa fa l'Austria" infine "no, non ci si inginocchia, perché ci sono tanti altri modi di combattere il razzismo (senza dire quali, naturalmente)". E così, il prato di Wembley non ha assaggiato i ginocchi dei giocatori, almeno nella fase preliminare della partita.

Il "dramma" si trasforma ulteriormente in farsa dopo l'accoppiamento ai quarti con il Belgio. Sì, accidenti, proprio con quelli che si inginocchiano tutti! E adesso?

Esce un primo, veramente incredibile comunicato stampa, poi ridimensionato dalla Federazione del Gioco del Calcio come iniziativa sostanzialmente "privata": ai quarti ci si inginocchia, pur non  condividendo la forma della protesta, ma "per solidarietà", non nei confronti del movimento antirazzista più grande del mondo, ma dei giocatori del Belgio che si inginocchiano (!!!). Si è arrivati tanto in là che la FGCI ha sentito la necessità di intervenire per smentire l'incauto "addetto stampa" definito "non autorizzato". E l'ultimo intervento (ultimo finora, perché i quarti sono ancora lontani!) risulta abbastanza confuso, sostenendo in pratica che... ciascuno faccia quello che gli pare.

Veramente un balletto vergognoso, la speranza è che qualche singolo giocatore rompa gli schemi e sfugga alla volontà omologante che cancella il valore di un gesto estremamente importante, sia per chi lo realizza con convinzione ma anche per chi si assume la responsabilità di contestarlo. Ma non in questo modo, confuso e infantile!

Peccato. Per gli amanti del calcio, questa forse è la migliore Italia vista sui campi di gioco dai tempi del Mondiale 2006. Ma l'incertezza su un tema così delicato e importante come quello del razzismo ha sicuramente raffreddato molti entusiasmi. Comunque vada a finire, la faccia all'"Europeo" è ormai, almeno in parte, perduta...

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