Il paesaggio della Gorenjska è affascinante. Le strade si snodano sinuose nella campagna, alle spalle la doppia cima di Šmarna Gora, sovrastante Ljubljana, dall'altra parte lo stupendo, roccioso massiccio delle Alpi di Kamnik, con il Grintavec e l'Ojstrica che sembrano invitare all'avventura i più ardimentosi alpinisti.
Ci sono tanti paesi, piccoli borghi seminati tra campi coltivati con cura. Tra essi c'è anche Komenda, anzi Klanec di Komenda, la minuscola frazione dove si trova la casa natale del nuovo campione. E' una zona tipicamente agricola, nelle vicinanze degli abitati ci sono tante stalle e ovunque si vendono verdure, frutta e prodotti caseari.
Man mano che ci si avvicina, cominciano a vedersi, poi a moltiplicarsi, le maglie gialle e nel centro del villaggio una rotonda dipinta del colore della maglia del tour, con numerose scritte inneggianti a Tadej dimostra che si è raggiunta la meta.
Sembra che non ci sia nessuno in giro, invece da qualche parte si sente il suono di una sirena che invita a curiosare. In effetti, nel piazzale di un centro sportivo troppo piccolo per contenere tanta gente, c'è una folla festante che sta seguendo con il fiato sospeso la volata finale. Ecco, l'urlo, bravo l'australiano Bennet che con la sua maglia verde taglia il traguardo felice. Ma la voce di tutti diventa potente quando compare lui, il compaesano Tadej, con la maglia gialla e con la mano appoggiata sulla spalla del delusissimo Roglič, il connazionale, il grande sconfitto della Grande Boucle.
Circolano gli aneddoti sul giovanissimo campione - 22 anni! Il grazie della famiglia al primo allenatore che ha comprato la prima bicicletta fuori dalla portata economica dei genitori, il ragazzino apparentemente "staccato" dal gruppo dei piccoli ciclisti, in realtà davanti a tutti dopo aver compiuto un giro in più degli altri, il compagno di scuola che ognuno vorrebbe avere nel banco accanto...
Silenzio ora, è il momento delle premiazioni. Pogačar si prende una buona dose di applausi quando riveste la maglia a pois del miglior scalatore, poi è la volta della maglia bianca dei giovani e infine la maglia gialla, sul gradino più alto del podio. Risuonano le note dell'inno nazionale, il "Brindisi" di Prešeren è cantato in modo un po' sguaiato dai presenti, evidentemente "provati"da un pomeriggio non privo di un elevato tasso alcoolico. Scoppiano i mortaretti e i fuochi artificiali illuminano la notte incipiente della regione.
E' tempo di andarsene, non senza aver notato la bellezza del paesaggio ormai immerso nel buio, mentre i bambini gioiosi sfrecciano con le loro biciclette e i monopattini gridando al mondo che "Pogy je zmagal", Pogačar ha trionfato!
Gli avvenimenti sportivi hanno un loro fascino, coinvolgono nell'interesse e nell'identificazione milioni di persone. E non è solo un evento marginale, ma anche un elemento culturale importante quello che un primo e secondo posto nella corsa ciclistica a tappe più importante del pianeta, apporta a una Nazione numericamente piccola come la Slovenia. Certo, quello che conta sono la pace, la libertà, la lealtà, in tutti i campi, anche in quello sportivo dove non manca l'influenza di squallidi interessi che coniugano l'avidità di guadagno e la strumentalizzazione politica. Tuttavia, per una volta e auspicando che non ci sia poi un'altra delusione e smentita, è bello vedere il volto raggiante di un ragazzo semplice che innalza verso il cielo la bandiera slovena. Ed è bello condividere, almeno per un paio d'ore, l'emozione di gente abituata al lavoro duro e alla fatica quotidiana, nel vedere un proprio giovane compagno di infanzia e adolescenza, salire sul gradino più alto, celebrare la sua grande vittoria all'ombra dell'Arc de Triomphe sui Champs Elysees.
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